ROMA – La scuola italiana funziona meglio di quella di altri paesi dell’Ocse, in particolare per quanto riguarda l’inclusione dei ragazzi delle scuole superiori provenienti da famiglie con una condizione non favorevole: è quanto emerge da uno studio elaborato dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico basato sul confronto tra i dati delle indagini Ocse-Pisa sulle competenze scolastiche e sulle competenze degli adulti (26/28 anni).
Nel nostro Paese, le differenze socio-economiche di partenza pesano meno, ma ritornano a farsi sentire dopo l’uscita dalla scuola. L’Italia si posiziona a ridosso della media delle nazioni esaminate (in totale 21) in posizione positiva, rispetto ai valori della ricerca. Dal confronto delle indagini Ocse-Pisa sulle competenze scolastiche e sulle competenze degli adulti (26/28 anni) Survey of Adult Skills (Piaac), emerge che, in generale, il divario del punteggio nell’alfabetizzazione associato all’istruzione dei genitori è generalmente di grandi dimensioni, all’età di 15 e tende ad allargarsi come dimostra l’analisi realizzata sul campione di studenti osservato dall’indagine Ocse-Pisa giovane età adulta.
Nella Repubblica Ceca, in Danimarca e in Polonia, il divario è superiore a 0,5 all’età di 15 anni e aumenta a 27 anni. Invece, in Belgio (Fiandre), in Canada e negli Stati Uniti il divario è maggiore di 0,5 a 15 anni ma diminuisce a 27 anni. In Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia il divario con il livello di istruzione dei genitori è ridotto all’età di 15 anni (0,3) ma aumenta da giovani adulti e, in Nuova Zelanda, arriva fino a 0,8. In Corea il divario è basso all’età di 15 anni e rimane sempre a un livello non alto. Il divario con l’istruzione dei genitori all’età di 15 è di medie dimensioni in Australia, Austria, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia e Spagna. Il divario resta stabile in Germania, mentre tende a crescere in altri Paesi.
La scuola in Italia non è poi così male
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