PALERMO – “Un’altra seduta a vuoto dell’Ars, mentre i tempi per l’approvazione dell’esercizio provvisorio si fanno sempre più stretti e tantissimi lavoratori sono in ansia per gli stipendi. E qui si parla solo di poltrone e di fare saltare il tetto a stipendi da favola. Siamo alla follia”. Il Movimento 5 stelle commenta così il rinvio a mercoledì “perché non si è trovata la quadra sul risiko delle presidenze delle commissioni permanenti”.
“Questo parlamento – dice il capogruppo Valentina Zafarana – è fermo da mesi, mentre categorie di lavoratori sono appese a un filo. I tempi per l’approvazione del bilancio provvisorio sono più che risicati, ma questo non sembra importare a nessuno. Qui si parla solo di poltrone e di fare saltare il tetto a stipendi, che in alcuni casi sono veramente alti. Dovranno passare sul nostro cadavere per farlo. Se un ritocco va fatto, forse andrebbe fatto al ribasso. Qui ci sono paghe con la sedicesima, è una parola che non si può sentire, se rapportata al disastro economico-sociale che c’è fuori da questo palazzo”.
“Certo – conclude Zafarana – che l’esordio di questo parlamento e di questo governo non sono dei migliori. Se il buongiorno si vede dal mattino si profila l’ennesima pessima legislatura. Noi però daremo battaglia. Siamo in 20 e siamo determinatissimi a lasciare il segno. Anche la nostra presenza in forze dentro l’ufficio di presidenza dovrà essere messa a frutto”.
Alle polemiche risponde l’Assemblea attraverso un comunicato: “Sul taglio degli stipendi dei burocrati in questi giorni, si è creato un vero e proprio vespaio di discussioni. Inutili, più che pretestuose. Infatti l’adozione del tetto massimo di 240 mila euro lordi per gli alti dirigenti dell’Ars, per la durata di tre anni, altro non è che l’adeguamento ad una analoga delibera adottata dal Senato della Repubblica, da sempre riferimento normativo del Parlamento siciliano. Ma anche la Camera dei deputati, tre anni fa, adottò una delibera uguale a quella del Senato per ‘tagliare’ gli stipendi della burocrazia di Montecitorio, nell’ambito di una generale manovra economia per il contenimento della spesa pubblica. Una riduzione dello stipendio che, secondo un parere della Corte costituzionale, avrebbe dovuto intendersi come un contributo di solidarietà, una tantum. Cioè, la riduzione dei tetti stipendiali non avrebbe potuto avere effetto a tempo indeterminato, ma solo per tre anni. Che scadranno il prossimo 31 dicembre. Quindi, non solo la burocrazia dell’Ars, ma anche quelle della Camera e del Senato, con l’inizio del nuovo anno ritorneranno ad avere i vecchi stipendi”.
Il portavoce dell’Ars sottolinea che “tra qualche giorno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scioglierà il Parlamento. Né il presidente del Senato, Piero Grasso, né la presidente della Camera, Laura Boldrini, tranne che non lo facciano nelle prossime ore, hanno riunito i rispettivi Uffici di Presidenza per procrastinare il taglio degli stipendi della burocrazia parlamentare. Se a Palazzo Madama dovessero decidere per la prosecuzione del taglio, l’Ars non avrebbe alcuna remora ad adeguarsi”.
Il comunicato sottolinea che “il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, non ha fatto altro che ribadire un principio sacrosanto: le leggi vanno rispettate dall’Ars, così come faranno Camera e Senato. Sarebbe stato facile documentarsi. Invece, sono nate polemiche che hanno certamente disorientato l’opinione pubblica. Altro tema che non ha trovato spazio sui media, ma fortemente sostenuto dal presidente Miccichè, è stato quello di riconoscere il merito a chi è più preparato e lavora di più”.
M5s: “Via tetto a stipendi Ars? Follia” L’assemblea: “Andazzo nazionale”
I 5 stelle siciliani: "In aula si parla solo di poltrone e retribuzioni da favola". La replica: "Polemica inutile, i tre anni dei tagli sono scaduti"