Nuova accusa di peculato per Ingroia

Dopo l'indagine partita a marzo, aperto un altro fascicolo a novembre nei confronti dell'ex pm

PALERMO – Dopo l’inchiesta per peculato contestata ad Antonio Ingroia lo scorso marzo dalla procura di Palermo e che è ancora in corso anche davanti alla Corte dei conti, l’ex pm (dal 2013 a capo di Sicilia e-servizi, poi rinominata Sicilia digitale spa, società che gestisce la piattaforma informatica dell’amministrazione regionale) è accusato dello stesso reato in un altro filone d’indagine aperto in seguito a una segnalazione partita dalla Ragioneria generale della Regione e sul quale indaga la Guardia di finanza, coordinata dai sostituti Enrico Bologna e Pierangelo Padova. Lo scrivono alcune testate siciliane.
Le Fiamme gialle hanno acquisito documenti per verificare se Ingroia – che quattro anni fa ricevette l’incarico di guidare la società a partecipazione regionale dall’ora governatore Rosario Crocetta – lo scorso novembre abbia percepito compensi non dovuti. La nuova contestazione riguarda il 2017, mentre quella precedente si riferisce al triennio 2014-2016. A marzo, interrogato sul primo fascicolo, l’ex magistrato (ora avvocato), si era difeso sostenendo che i suoi compensi rientravano nei limiti previsti dalla legge.
Per i magistrati, invece, una legge regionale prevede un tetto ai compensi che sarebbe stato superato. In quell’occasione l’ex pm aveva percepito 117 mila euro come indennità di risultato, a fronte di un compenso complessivo di 147 mila euro. Cifra che secondo l’accusa il manager si sarebbe pagato da solo, mentre Ingroia sostenne che il compenso gli era stato riconosciuto dall’assemblea dei soci per i traguardi raggiunti, nonostante l’utile della società era di appena 33 mila euro. Inoltre, una parte delle spese affrontate da Ingroia per le trasferte (dal 2013 è residente a Roma e la società ha sede a Palermo), secondo l’accusa non potevano essere rimborsate. Tra queste, conti di ristoranti e alberghi.

scroll to top