Il repulisti di Renzi fa discutere da giorni la politica siciliana. Un’epurazione bella e buona, una rottamazione vera, di quella che il segretario del Pd aveva sempre annunciato e mai messo in atto.
Oggi chi lo attacca in Sicilia sono sempre gli stessi, quelle anime del Partito Democratico che, sin dall’inizio, hanno remato contro l’azione politica del segretario e dei suoi fedelissimi. Gli stessi che hanno criticato la colonizzazione del partito da parte degli esterni, che hanno votato No al referendum costituzionale e che hanno criticato e disertato la festa nazionale dell’Unità a Catania.
Nel 2014 erano tutti pronti a intestarsi il 40% dei voti conquistato dal Pd delle europee, convinti di rappresentare un mondo, ma mai pronti a discutere di scelte e di politiche territoriali. Ognuno arroccato all’interno dei propri recinti elettorali, quelli che sulla carta, elezione dopo elezione, rappresentavano i seggi sicuri.
I circoli (a parte qualche rara eccezione) svuotati di significato, così come le direzioni provinciali e regionali. L’accoglienza mai praticata e molto spesso annunciata con i finti sorrisi di circostanza.
Il risultato di anni di mancanza di dialogo oggi è la democrazia calata dall’alto, piaccia o non piaccia. Insomma, alla fine Renzi ha fatto il Renzi. Finalmente direbbe qualcuno. E’ il segretario nazionale eletto con il metodo delle primarie.
Su una stima di 200 eletti, Renzi ha 160 parlamentari suoi, i restanti 40 sono distribuiti tra Martina, Orfini, Franceschini, Orlando. Tradotto in salsa siciliana significa: partito in mano a Faraone, Sammartino, Sudano, Totò Cardinale e, in subordine, a Leoluca Orlando, Fausto Raciti.
Spazzata via tutta l’area Cgil (Angelo Villari, Concetta Raia, Luisa Albanella) vittima anche di un mondo del lavoro che non crede più al sindacato. Ai margini l’area di Giuseppe Lupo e Anthony Barbagallo.
Fuori dai giochi tutto il gruppo di riferimento dell’area Emiliano, compresi l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci e il senatore Beppe Lumia, l’unico che in tempi non sospetti chiedeva a tutti i capicorrente di fare un passo indietro e ripensare il Pd come il “Partito-Noi”. Ma il pluralismo ha fallito.
Insomma, stavolta il “Partito-Io” di Renzi ha scelto di pesarsi, vuole capire quanto vale in termini di consenso. In attesa del verdetto finale. Toccherà agli elettori sancire se le scelte sono state corrette o se il Pd andrà incontro a una disfatta colossale. Perché, nonostante tutto, i cittadini con la loro matita in mano e nel segreto dell’urna hanno sempre l’ultima parola.
Twitter: @LucaCiliberti
Luca Ciliberti
Pd Sicilia, adesso è rottamazione vera
Luca Ciliberti. Fuori dalle liste i detrattori di sempre, anche nell'Isola Renzi ha scelto di pesarsi alle urne