PALERMO – In Cosa nostra lo chiamavano Ninì. Era l’uomo dei clan nel settore dei giochi e delle scommesse, un business a cui la mafia da tempo ha rivolto le sue attenzioni. Soldi sicuri e una gigantesca “lavatrice” usata per ripulire il denaro sporco.
La Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 31 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla raccolta abusiva di scommesse ed alla truffa ai danni dello Stato e traffico di stupefacenti. Sono state chiuse e sequestrate, con l’aiuto delle Squadre Mobili di diverse città, più di 40 agenzie di scommesse attive in tutto il territorio nazionale con il marchio di proprietà di Bacchi.
Nell’operazione sono stati coinvolti più di 200 uomini del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Palermo. L’indagine è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Salvo De Luca e dai pm della Dda Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise.
IL BUSINESS DI BACCHI. Benedetto Bacchi, imprenditore di Partinico, grosso centro del palermitano, arrestato oggi, aveva oltre 700 agenzie in tutta Italia capaci di generare guadagni quantificati in oltre un milione di euro al mese. Parte delle somme, tra i 300 e gli 800 mila euro l’anno, veniva poi distribuita tra le varie famiglie mafiose.
MONOPOLIO DELLA MAFIA. In Sicilia, grazie a Cosa nostra, lavorava quasi in regime di monopolio. Il suo ruolo è stato scoperto dalla polizia, coordinata dalla dda di Palermo, che l’ha arrestato insieme ad altre 30 persone accusate di mafia, riciclaggio, traffico di droga. A Bacchi si contesta, tra l’altro, il concorso in associazione mafiosa. Dell’imprenditore milionario parlano da tempo diversi pentiti.
Il suo nome spunta anche nell’ultima indagine della dda che ha decapitato i clan mafioso di San Lorenzo-Resuttana. “Una parte di Cosa nostra – disse il procuratore aggiunto Salvo De Luca dopo quell’inchiesta – è convinta che non sia più tempo per le estorsioni. Troppi rischi. Meglio puntare tutto sul gioco e le scommesse.
“Il gioco è stato sempre materia di interesse per le cosche, ma negli ultimi tempi, spiegano gli inquirenti, l’organizzazione ha avviato un progetto più strutturato”. E, come evidenzia il blitz di oggi le cosche puntavano su Bacchi. L’imprenditore di Partinico è stato coinvolto anche in una inchiesta della Procura di Reggio Calabria che ha svelato come pure le ‘ndrine avessero trasformato il mondo delle scommesse e dei giochi online in una gigantesca lavatrice di denaro sporco.
COMPLICI OCCULTI. Tra i 31 arrestati c’è anche Francesco Nania, socio occulto di Bacchi e capo della “famiglia” mafiosa di Partinico, che, grazie alla complicità di Michele De Vivo, insospettabile commercialista campano che fungeva da prestanome, era riuscito a creare un fiorente mercato di import-export di prodotti alimentari con gli Stati Uniti. In cella, oltre a persone legate a Cosa Nostra con ruoli di vertice, sono finiti anche insospettabili professionisti funzionali agli interessi criminali di Bacchi.
Alcuni indagati rispondono anche di associazione per delinquere finalizzata alla produzione e al traffico di stupefacenti. Nel corso del blitz sono stati sequestrati beni immobili, società e conti correnti bancari di Bacchi e di diverse persone che lo avrebbero aiutato a riciclare denaro sporco per milioni di euro.
PIANO PER ACQUISTARE IL GIORNALE DI SICILIA E LIVESICILIA. Bacchi guadagnava fiumi di denaro: secondo gli inquirenti fino a un milione di euro al mese. A rendere noto il particolare emerso dall’inchiesta è il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. “Parte del denaro – spiega il procuratore – andava alle famiglie mafiose con cui Bacchi aveva stretto un vero e proprio accordo contrattuale. Le somme erano ripartite a seconda del volume d’affari dei punti scommesse distribuiti nelle varie aree di influenza mafiosa”.
Il resto del guadagno Bacchi e il suo socio occulto, il boss Francesco Nania, andava reinvestito. “Nania aveva avviato una attività di import export di alimentari – spiega Lo Voi -. Bacchi, attraverso prestanomi si mette a studiare come reinvestire: compra terreni, immobili, finanziamenti imprese edilizie, imprese legate alle energie rinnovabili, ipotizza anche l’acquisto di testate giornalistiche: prima il Giornale di Sicilia, poi Livesicilia, ritenuto, si sente nelle intercettazioni, “più cool”. Nessuna delle due iniziative va a compimento. Dall’inchiesta viene fuori che ci sarebbero stati contatti con Livesicilia l’anno scorso. “Chi in Livesicilia ha avuto contatti con Bacchi – spiega Lo Voi – non è coinvolto nelle indagini e non ha avuto alcun rapporto con la mafia”.
AVEVA COMPRATO LA VILLA DEL CALCIATORE TEDESCHI. L’aveva pagata 500.000 euro e il giorno dopo l’aveva messa in vendita per un milione e 300.000 euro: aveva il senso degli affari l’imprenditore Benedetto Bacchi. La villa era dell’ex calciatore del Palermo Giovanni Tedesco ed è tra i beni sequestrati dalla polizia. Nel corso dell’inchiesta, che ha ricostruito l’enorme impero economico di Bacchi, sono stati sequestrati 120mila euro in contanti, immobili e 9 società. Otto sono di giochi e scommesse, una di commercio alimentare ed era del socio occulto di Bacchi il boss Francesco Nania. Quattro delle società del settore giochi e scommesse erano a Malta. L’imprenditore aveva interessi anche in Sudafrica e altri Paesi europei.
BACCHI NOMINA INGROIA COME DIFENSORE. Bacchi ha nominato come suo legale l’ex magistrato Antonio Ingroia che, lasciata la toga, esercita la professione di avvocato. Bacchi, secondo gli inquirenti, aveva stretto un accordo con le famiglie mafiose palermitane che gli avevano fatto acquisire una posizione di monopolio nel settore dei giochi e delle scommesse in cambio di diverse centinaia di migliaia di euro. “Per questo – ha spiegato l’aggiunto Salvo De Luca, che ha coordinato l’inchiesta – nell’indagine contestiamo il reato di concorrenza sleale mediante minaccia”.
“La mafia non si è fatta imprenditrice, – ha spiegato – si è limitata a mettere il brand. Bacchi poteva dire di avere cosa nostra dietro. In realtà solo in un caso si è fatta chiudere una agenzia intestata a due fratelli, negli altri casi non c’era neppure bisogno delle pressioni mafiose. Si sapeva che il settore era di Bacchi”.
Dall’indagine emerge anche che Bacchi operava senza concessioni violando la normativa europea ed italiana sui giochi e le scommesse e incassava denaro contante, contrariamente a quanto prevede la legge che impone pagamenti elettronici e vieta i cash. Scoperta anche una colossale elusione fiscale. Copia dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Bacchi sarà trasmessa ai Monopoli e dogane e all’agenzia delle entrate. Bacchi dichiarava redditi risibili. Nel 2015 ha sostenuto di aver guadagnato 150mila euro lordi, secondo gli inquirenti ne ricavava almeno un milione al mese.
Cosa nostra fa affari con le scommesse Preso Ninì Bacchi, re delle sale gioco
Palermo: 31 arresti tra professionisti e insospettabili soci occulti dell'imprenditore di Partinico. Business da un milione di euro al mese. Interessi anche all'acquisto di testate giornalistiche. VIDEO