CATANIA – Gentiloni rassicurante, ed è questo aspetto del suo carattere che, in fondo, lo rende il premier che dopo il 4 marzo andrebbe bene a tutti. Lui respinge l’inciucio e dal palco rilancia: “La sfida è tra il centrodestra e il centrosinistra”. Come se il M5stelle si autoeliminasse per magia dalla competizione.
Il presidente del Consiglio conclude dopo le 21 il suo ultimo impegno ufficiale in Sicilia. Accanto a lui il sindaco di Catania, “perché con Enzo Bianco abbiamo condiviso mezzo secolo di politica, anche se io sono più giovane di lui” sottolinea con un sorriso dal palco.
Il centro fieristico Le Ciminiere è stracolmo per la “foto-presenza”, che serve a misurare il gradimento e il pubblico più o meno numeroso rispetto agli scatti di pochi mesi prima con il centrodestra, durante le regionali, in occasione della visita di Silvio Berlusconi.
E se i numeri non sono distanti, il calore della platea fa certamente la differenza. In due giorni quel che resta del Partito democratico, al netto di dissidenti, malcontenti, diffidati e rancorosi, è tutto nelle prime file. Dai parlamentari regionali ai consiglieri comunali con gli assessori della giunta Bianco, fino ai rappresentati politici dei sottogoverni della città, dalle partecipate alla Sac.
Poi ci sono i sindaci, quelli dei Comuni che vorrebbero essere attraversati dalla grande incompiuta che risponde al nome di autostrada Catania-Ragusa.
Dopo i saluti del segretario provinciale Enzo Napoli e del segretario regionale dimissionario Fausto Raciti, sul palco si alzano uno ad uno, in ordine alfabetico, i candidati del Pd alle politiche. Comincia l’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta “I cittadini catanesi a queste elezioni potranno decidere chi al meglio potrà rappresentare il nostro territorio”.
Poi il sindaco di Militello, Giovanni Burtone, che richiama don Luigi Sturzo, i valori di pluralismo e non violenza “dell’unico partito che in Italia rappresenta la democrazia”. Nicola D’Agostino è easy (jeans e sneakers) con piglio: “Nei collegi lotteremo fino alla fine”. Davide Faraone non vuole “rubare tempo al premier” e passa solo per un saluto.
Catapultate nella partita elettorale anche le giovani ed emozionate Maria Grazia Pannitteri (“il governo alzi il limite di età per i concorsi pubblici”), Francesca Raciti (“realizzo il mio sogno, la possibilità di diventare un deputato nazionale) e Francesca Ricotta (“Voglio un Paese che tuteli i propri giovani sui quali ha investito milioni di euro in formazione”).
Valeria Sudano cambia il cerimoniale e prende il microfono prima di Luca Sammartino. Il pubblico è tutto per loro: applausi, ovazioni e alla fine abbracci e strette di mano. Poco più in là, seduto in prima fila, l’ex senatore Domenico Sudano (zio Mimmo “per gli amici buoni”) guarda i suoi ragazzi compiaciuto consapevole che questo Partito democratico si sta lentamente trasformando in un grande partito di centro.
Tocca al sindaco Enzo Bianco trasferire al pubblico il suo amore per Catania e nel suo intervento lancia la stoccata al centrodestra e al governo Musumeci. “A Vittorio Sgarbi, il cui lavoro da assessore regionale non saprei giudicare perché il giorno dopo è andato a candidarsi in Parlamento, voglio dire ‘grazie ma non abbiamo bisogno dei tuoi soldi per la sezione distaccata del museo Egizio a Catania’: quei soldi ce li abbiamo dal patto per Catania voluto dai governi Renzi e Gentiloni”.
E allora la difficoltà per “la sinistra di governo” è raccontare agli italiani l’elenco di cose fatte in una campagna elettorale infarcita di promesse utili solo ad alzare l’asticella del sogno e del sonno dei cittadini disorientati che non sanno più a chi credere.
L’appello al voto di Gentiloni non è mai sopra le righe (il cognome gentilizio non tradisce). “Abbiamo cinque punti di svantaggio dal centrodestra, li possiamo recuperare. Ma ci manca la convinzione che possiamo dare un contributo alla vittoria del Pd e al prossimo governo del Paese: crediamoci, insieme”.
Il Partito democratico è in difficoltà nei sondaggi perché paga “la divisione” del partito. Ma è l’unico pilastro possibile di un governo” che porti avanti “una seconda stagione di riforme” e sia “europeista”, dice dopo aver citato come esempio virtuoso la grande coalizione di Berlino, dove sarà domani. “Se non riusciamo ad affermare la forza del Pd, il rischio è che il Paese prenda la piega del nazionalismo, odio, violenza”. Il premier chiede l’aiuto dell’elettorato dell’Isola.
Ma la corsa in Sicilia è tutta in salita. Secondo l’ultimo sondaggio elaborato da Keix – Marketing in politica e rilevato su un ampio campione regionale, il Pd in Sicilia si fermerebbe al 19,3% (22,7% nel resto del Paese) e la coalizione di centrosinistra non arriverebbe oltre il 23,9% (27,6% in Italia). Al contrario la coalizione di centrodestra volerebbe al 38,8%
Il primo partito in Sicilia sarebbe il M5s con il 30,3% seguito da Forza Italia (23,4%). Al quarto posto Fratelli D’Italia con il 7,1%, poi l’Udc (6,1%) e Liberi e Uguali (5,1%). La Lega non arriverebbe oltre il 2,2%, così come +Europa (1,3%), Civica Popolare (1,7%) e Insieme (1,6%).
Nota metodologica: La rilevazione sulle elezioni politiche ha avuto luogo tra il 10 ed il 14 Febbraio 2018. Il campione è stato così composto: – 1133 casi su base nazionale; – 978 casi su base regionale siciliana;
Il campione è stato adeguatamente suddiviso per aree geografiche e fasce d’età in modo da garantire un’equa distribuzione del questionario. La metodologia utilizzata è Capi (computer aided personal interview)/ CAWI (computer aided web interview). L’errore statistico considerato è del +/- 2.95%. L’elaborazione del dato è stata eseguita separatamente su base regionale e nazionale.
Twitter: @LucaCiliberti
Luca Ciliberti
Appello di Gentiloni: ‘Dobbiamo crederci’ In Sicilia Pd 19%, FI 23%, M5s 30%
Luca Ciliberti. Il premier alla convention di Catania: "La sfida è con il centrodestra". I dem si compattano e riempiono Le Ciminiere. Sondaggio Keix sul voto regionale: Berlusconi-Salvini-Meloni al 38,8%. FOTO e GRAFICI