SANTA NINFA (TRAPANI) – Enrico Battaglin vince a un centinaio di chilometri da Palermo, da dove Giovanni Visconti si trasferì in Toscana per cercare fortuna nel ciclismo che conta. Il siciliano della Bahrain-Merida è stato battuto per una manciata di pedalate e alla fine non è riuscito a nascondere tutta la propria delusione. Ma sono dettagli in una corsa, come il Giro d’Italia, lunga 21 tappe, tre settimane e oltre 3.500 chilometri. Visconti, davanti a parenti e amici venuti nella Valle del Belice da Palermo, ha prima fatto il gregario-modello di Domenico Pozzovivo, quindi ha provato a conquistare addirittura il successo.
Ci teneva, Giovannino, al trionfo sul traguardo di Santa Ninfa, perché sentiva l’aria di casa e perché voleva dimostrare ai ‘suoi’ che quel traguardo era fatto su misura per lui. Che lui le corse sa vincerle anche con classe, non solo con rabbia e determinazione. Le energie sprecate per riportare il proprio capitano Pozzovivo in gruppo e l’attimo che fugge gli hanno negato un trionfo che probabilmente gli salvava la stagione.
Un’occasione sprecata. Non la prima e nemmeno l’ultima per il corridore che ha scelto di seguire Vincenzo Nibali nel team messo in piedi un paio di anni fa. Gli ordini di scuderia hanno prevalso perché, a una dozzina di chilometri, Pozzovivo era stato fermato da un groviglio di ruote, tubolari, che avevano generato imprecazioni in varie lingue e dialetti. Per un attimo il lucano ha visto sfumare l’ottimo piazzamento (è settimo) nella classifica generale. Battaglin, invece, non ha avuto contrattempi e ha bissato il successo conquistato nel 2014 a Oropa.
La seconda tappa siciliana – con l’australiano Rohann Dennis sempre in maglia rosa e Tom Dumoulin a un secondo – ha offerto, assieme ai consueti paesaggi mozzafiato, il secondo finale pirotecnico, con uno strappo finale al 12 per cento degno di una classica del nord. Il tutto alla vigilia del primo, grande arrivo in salita della corsa rosa, che dà appuntamento sull’Etna, nei pressi dell’Osservatorio, dove in molti saranno costretti a gettare la maschera e a guardarsi negli occhi in segno di sfida.
Oggi, fra Agrigento e la Valle del Belice, in una tappa organizzata per commemorare le vittime del devastante terremoto di 50 anni fa e cominciata con un terribile incidente che ha coinvolto un motociclista che transitava in una zona interdetta al traffico nell’attesa della partenza della 5/a tappa, c’è stata gloria anche per l’irlandese Ryan Mullen e il lussemburghese Laurent Didier della Trek Segafredo, per il veneto Andrea Vendrame della Androni Sidermec e per l’albanese Eugert Zhupa della Wilier selle Italia, in fuga per parecchi chilometri prima di essere risucchiati dal gruppo.
Nel finale a mille è finito ancora una volta a terra Miguel Angel Lopez, protagonista di una scivolata che lo ha costretto a perdere altri secondi preziosi nella classifica generale. Adesso il colombiano si trova a quasi 2′ dalla vetta e, quel che conta di più, vede sfumare giorno dopo giorno le proprie ambizioni di successo, o comunque di trovare un posto sul podio. E’ difficile immaginare, salvo clamorosi rovesci, come possa riabilitarsi dopo un inizio da incubo, inaugurato da una caduta nella ricognizione della cronometro a Gerusalemme. Da domani, con l’ultima passerella siciliana, comincerà un’altra corsa e anche un’altra storia. Al termine della salita dell’Etna, forse, non si conoscerà il nome di chi è destinato a vincere il Giro d’Italia, ma probabilmente di chi è condannato a perderlo.