PALERMO – Percorreva lentamente, il 29 maggio 2016, le strade di Corleone: ad un tratto la processione di San Giovanni Evangelista arrivò davanti alla casa della famiglia Riina, e, secondo i poliziotti e i carabinieri, il confrate Leoluca Grizzaffi, 36 anni, suonò la campanella e tutti si fermarono, proprio lì in via Scorsone 24. Il motivo? Per ossequiare la famiglia del defunto capo di Cosa nostra.
E’ quanto ha stabilito adesso il giudice monocratico del tribunale di Termini Imerese Fabio Raia. Grizzaffi, riporta il Giornale di Sicilia, è stato condannato a sei mesi di reclusione, per quello che è sembrato un vero e proprio inchino. Il pubblico ministero Daniele Di Maggio aveva chiesto la condanna a due anni, per il reato di turbamento di funzioni religiose. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Grizzaffi, che fa parte della congregazione intitolata al santo, “avrebbe fatto in modo che la processione deviasse dal percorso ordinario e facesse una tappa e una fermata non prevista in via Scorsone, nei pressi dell’ abitazione della moglie di Riina”. Una versione dei fatti che, però, è stata smentita nel corso del dibattimento dal parroco Domenico Mancuso.
“La processione ha percorso la via Scorsone come sempre e non ci sono state soste prestabilite”, ha affermato il sacerdote. Anche i confrati e le consorelle hanno sostenuto la stessa tesi. “Ci sono state diverse fermate, ma dinanzi la casa dei Bagarella sicuramente no”, ha detto Grizzafi. L’avvocato, Pierfrancesco Puccio, ha annunciato che il suo cliente si appellerà alla condanna.
Frate s’inchinò a Riina, condannato
Durante la processione nel 2016, il confrate Leoluca Grizzaffi fece fermare la statua di San Giovanni davanti casa del capo di Cosa Nostra