ROMA – Cospicue quantità di denaro delle cosche investite nel settore della raccolta e dello smaltimento di rifiuti attraverso una serie di imprese di cui erano i gestori di fatto senza ricoprire alcuna carica né possedere quote azionarie.
Sono le accuse nei confronti di tre presunti appartenenti a due famiglie mafiose arrestati dagli uomini del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Palermo. Le accuse nei loro confronti contestate dal Gip di Caltanissetta su richiesta dalla Dda sono, a vario titolo, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita e di trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante di aver commesso tali fatti al fine di agevolare l’attività di Cosa nostra.
Il fascicolo è passato da Palermo a Caltanissetta per il coinvolgimento di un vice procuratore onorario, che è indagato ma non risulta destinatario di misure cautelari. Ai tre, appartenenti alle famiglie mafiose di Brancaccio e Borgo Vecchio, i finanzieri sono arrivati al termine di lunghe indagini con intercettazioni ambientali e telefoniche e accertamenti finanziari e patrimoniali.
Fondamentali anche il contributo dei collaboratori di giustizia e, soprattutto, l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette riguardanti specifiche anomalie finanziarie. I finanzieri del nucleo di polizia valutaria hanno eseguito le ordinanze nei confronti di Cesare Lupo, Antonino Lupo e Salvatore Gambino. I primi due già in carcere, Gambino era ai domiciliari.
I soldi della mafia investiti nei rifiuti
In manette tre esponenti dei clan palermitani di Brancaccio e Borgo Vecchio, indagato anche un vice procuratore onorario