MILANO – “Pinketts non era uno scrittore di noir, era il noir”. Lo definisce così un suo vecchio amico, compagno delle mille notti sregolate in cui l’autore di ‘L’Assenza dell’Assenzio’ (Mondadori), ‘Il senso della frase’ (Feltrinelli) e ‘Lazzaro vieni fuori’ (Feltrinelli) mescolava anarchia, prosa, giallo, fumo e alcol. “E nebbia – aggiunge – Una volta, quando c’era, ovviamente”. Andrea G. Pinketts, pseudonimo di Andrea Giovanni Pinchetti, scrittore e giornalista, è morto oggi all’hospice dell’ospedale Niguarda di Milano in un modo molto diverso da come probabilmente avrebbe desiderato; lui, dall’ego ipertrofico, che sembrava il Buscaglione della letteratura e che avrebbe probabilmente preferito una fine scenica, spavalda, come amava essere accreditandosi del “segno distintivo”.
Una cosa particolarissima: si diceva infatti che prendendo in mano un suo libro, e leggendo due frasi a caso, si capiva subito che erano state scritte da lui. Il segno distintivo, appunto. Che pochi altri autori, anche molto più grandi, potrebbero vantare di avere nonostante i bestseller. Nel 1993 aveva fondato la ‘Scuola dei duri’, una sorta di movimento che riuniva intorno a sé giallisti e aveva dato un certo impulso al noir.
Pinketts aveva 57 anni: era nato il 12 agosto del 1961 nel capoluogo lombardo, nel quartiere periferico del Lorenteggio, dove aveva sempre vissuto, con la mamma. Da quanto si è appreso, aveva scoperto di essere malato di tumore da circa un anno, e le sue condizioni si erano aggravate da una settimana. Era rimasto attivo e graffiante fino all’ultimo, tanto che il 18 novembre scorso, già in carrozzina, aveva organizzato un “flash-mob letterario urbano” dall’ospedale di Niguarda. La vita di Pinketts potrebbe realmente essere una vita – paradossalmente – inventata, dove l’uomo e l’autore sono stati protagonisti di mille e mille avventure, di carta e di carne.
“Scriveva solo nei locali – racconta l’ex direttore di un night milanese – anzi, solo al Trottoir, dove, non si sa come, nonostante i drink trangugiati, la penna con cui scriveva in prima stesura i suoi romanzi scorreva attenta e veloce, tanto da essere divenuto famoso per uno stile che giocava continuamente con le parole”. Al piano superiore del locale che frequentava da quando era stato chiuso il vecchio Trottoir di corso Garibaldi, c’è una sala che porta il suo nome, dove l’odore del ‘toscano’ – sua grande passione insieme alle donne – è talmente denso da sembrare aggrappato ai muri. “Donne? Una serie infinita – racconta ancora l’amico – Tutte bellissime, dannazione: l’avessi mai visto con una racchia”. A
ndrea G. Pinketts era stato un giornalista d’inchiesta: si ricorda la sua ‘settimana da clochard’ per Esquire, o quando si era infiltrato nella setta dei ‘Bambini di satana’. O ancora quando aveva indagato sul Mostro di Foligno. Il suo ultimo libro, nel 2016, era ‘La capanna dello zio Rom’ (Mondadori), l’ultima avventura che vedeva protagonista la sua creatura investigativa, Lazzaro Santandrea. Recentemente, invece, era appena stato ripubblicato da Oscar Mondadori ‘Il conto dell’Ultima cena’. “Senza Andrea – dice un dj che preferisce rimanere anonimo – ciò che restava della Milano bohemienne scompare del tutto”.