ROMA – Un sistema corruttivo in cui giudici amministrativi si erano messi al servizio di privati in cambio di mazzette. Soldi dati e promessi per “comprare” sentenze e ottenere, in alcuni casi, cifre a sei zeri o elezioni ad un consiglio regionale. E’ il quadro che emerge dalle carte della maxindagine della Procura di Roma su sentenze pilotate al Consiglio di Stato e che oggi ha vissuto una nuova accelerazione con quattro arresti.
Ai domiciliari sono finti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso. Destinatario dell’ordinanza anche il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso. Il reato contestato a tutti è corruzione in atti giudiziari. In totale sono cinque gli episodi contestati dai magistrati di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. In base agli accertamenti le mazzette messe a disposizioni dei giudici corrotti erano di 150 mila euro. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta. Dichiarazioni riscontrate dai magistrati e inquirenti attraverso intercettazioni e analisi dei flussi finanziari.
Nella loro funzione di giudici – scrive il gip nell’ordinanza – “hanno posto a disposizione dei privati la loro funzione, contravvenendo ai doveri di imparzialità e terzietà e ricevendo in cambio un’utilità economica e ciò, indipendentemente dall’esito favorevole o sfavorevole delle decisioni assunte”. Tre episodi sono contestati al giudice del Consiglio di Stato (ora sospeso) Russo e due all’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, De Lipsis. In base a quanto raccontato da Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80 mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti.
A svolgere un ruolo di “mediatore”, in base a quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato anche l’avvocato Stefano Vinti oggetto questa mattina di una perquisizione. Il suo nome spunta in una vecchia intercettazione nell’ambito del caso Consip, finita agli atti dell’indagine, tra Alfredo Romeo e Italo Bocchino, in cui i due parlando dell’avvocato affermano che “comprava cause a blocchi”. Per quanto riguarda De Lipsis avrebbe incassato tangenti per 80 mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa ad un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il comune di Siracusa.
Il giudice, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, fa ottenere alla società un risarcimento dal comune siciliano di 24 milioni euro. Di questi ne verranno elargiti due prima dell’esplosione del caso giudiziario. Per questa operazione De Lipsis ha ottenuto 50 mila euro di tangenti. Infine l’ex presidente del Cga è intervenuto, in qualità di presidente del collegio, nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezioni alle amministrative del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che venne rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice ottenne 30 mila euro. Denaro che Gennuso consegnò attraverso l’ex giudice della Corte di Conti, Caruso.
Corruzione al Cds, arrestati giudici e politici
Indagine in Sicilia su sentenze pilotate a Palazzo Spada: quattro ai domiciliari, c'è anche il deputato Gennuso. I NOMI