CATANIA – “Quanti di voi hanno parenti che lavorano all’estero o al Nord?”. Quasi tutti i ragazzi presenti nell’auditorium dell’Istituto Angelo Musco di Catania alzano la mano. “Visto quanti parenti migranti che abbiamo?”. Lelio Bonaccorso apre così l’incontro con gli studenti della Musco e della Brancati che ha come tema “Salvezza”, il graphic novel del quale il fumettista messinese è co-autore con Marco Rizzo.
Un racconto giornalistico a fumetti della vicenda della nave Aquarius, la nave di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere che ha salvato molti migranti nel mediterraneo. Un momento di confronto con gli studenti dei due istituti scolastici etnei, organizzato nell’ambito del progetto Le Voci di Librino, in collaborazione con Leggo. Presente indicativo e Feltrinelli Comics.
Non è stata una “classica” presentazione, piuttosto un dibattito con interventi diversi, molti dei quali di tanti ragazzi presenti, sia italiani sia migranti. Un dibattito vero, in cui Lelio Bonaccorso ha provato a far capire “cosa abbiamo vissuto in quei 20 giorni trascorsi sull’Aquarius”. Venti giorni che Lelio e Marco hanno raccontato conservando nella memoria immagini terribili, storie di dolore e di sacrificio, il grido delle persone stipate sulle carrette del mare per essere raccolte, la paura di poter essere riportati in Libia.
Un racconto realizzato a fumetti, con un pettirosso come narratore (“Il pettirosso c’era davvero a bordo, anche se poi è morto”, racconta Lelio), con il tentativo di guadagnare la fiducia di quei passeggeri disperati, magari “sedendomi accanto a loro e cominciando a farne un ritratto, per rompere il ghiaccio fino a che tutti non volevano farsi fare il ritratto”.
Un racconto duro, in cui passano in secondo piano anche gli aspetti artistici, letterari, giornalistici. Del fumetto che si fa inchiesta, di come è nato “Salvezza”. “La Feltrinelli ci ha chiesto di proporle un progetto, noi abbiamo chiesto di mandarci a bordo di una nave delle ong che facevano salvataggio in mare e di raccontare quello che succedeva”, rivela Lelio.
“L’Aquarius – aggiunge il fumettista – non naviga più, ha perso la bandiera, anche per le pressioni del governo italiano su Panama. Ma quello che noi sappiamo del viaggio dei migranti è solo la minima parte. A bordo siamo riusciti a svelare i nomi di alcuni trafficanti, ma il viaggio di queste persone dura mesi, se non anni. E al confine meridionale della Libia è un’ecatombe. Non sappiamo davvero quanti ne muoiono, perché i trafficanti non hanno scrupoli, chiedono sempre soldi per non ucciderli”.
Ma la “magia” della mattinata – moderata da Giuseppe Lorenti – scatta quando la parola passa ai ragazzi. Prima Alessandro De Filippo, docente di italiano per stranieri che ha portato all’incontro alcuni suoi allievi migranti, fa provare a un gruppo di ragazzi cosa significa dover viaggiare in mare stipati in otto in un metro quadrato, respirando gli odori e l’essenza di altri sconosciuti.
Poi cominciano le domande, con un vero e proprio dibattito fra i ragazzi migranti e catanesi. Con quesiti ovvi ma inevitabili: perché ce l’avete con i neri? Perché considerate i musulmani terroristi? E risposte coscienti: c’è troppa ignoranza, nessuna religione vuole la morte di qualcuno, non bisogna mai generalizzare. Con la presa d’atto finale che forse dalle nuove generazioni può nascere un futuro di maggiore tolleranza e integrazione.
I ragazzi di Librino e i migranti: storia di una mattina scolastica diversa
A Catania la presentazione di un fumetto si trasforma in dibattito tra studenti siciliani e stranieri. Con domande anche scomode