CALTANISSETTA – I bigliettini da visita di persone che le venivano segnalate, anche da “colleghi e avvocati”, per nomine di amministratore giudiziario, la mafia che “mi voleva uccidere”, la crescita “del 400% dei provvedimenti” nel suo lavoro. Lei che ha avuto “maestri come Rocco Chinnici, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone” e che segnala che “ci sono stati giudici che hanno dato incarichi a familiari e a parenti di magistrati”.
Si difende attaccando l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto nel processo davanti al Tribunale di Caltanissetta per presunte irregolarità nella gestione dell’ufficio. Che lei nell’esame in aula respinge sdegnata, accusando di essere “vittima di un processo mediatico”.
“L’altra sera ho ritrovato – afferma sollecitata dal suo avvocato, Ninni Reina – l’agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi venivano segnalati gli amministratori giudiziari da nominare. Anche da parte di colleghi magistrati e da avvocati. Io chiedevo solo che fossero personale qualificate, di fiducia. In quasi tutti i biglietti ho scritto chi mi ha fatto la segnalazione. Consegnerò l’agenda al Tribunale”.
“La mia carriera in magistratura – ricostruisce Silvana Saguto – nasce nel 1981. Ho avuto maestri come Rocco Chinnici, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Sono stata destinata a Trapani e mi sono occupata fin da subito di misure di prevenzione. Eravamo in piena guerra di mafia ed era il momento in cui si era capito che l’aggressione ai patrimoni era un’arma nella lotta alla mafia”.
Poi il ritorno a Palermo e l’impegno in processi come il Maxiquater e il delitto Mattarella. “Dopo la strage di Capaci – sostiene – la mia vita è cambiata: mi hanno dato la scorta, la mafia voleva farmi saltare in aria”. Per questo la sua scorta avrebbe svolto incarichi non previsti, come andare in lavanderia o in farmacia, per “non farmi uscire e ridurre i rischi”. Il passaggio alla sezione Misure di prevenzione di Palermo, rivendica, “fu votata all’unanimità dal Csm”, senza “appoggi politici o di corrente”.
Con il suo lavoro l’ufficio ha aumentato “del 400 per cento” il rendimento amministrando “il 45 per cento delle misure di prevenzione di tutta Italia”. “Anche l’allora Commissione nazionale antimafia – aggiunge – ha riconosciuto il mio lavoro”. Sugli incarichi suo marito afferma di “non saperne niente”, perché, spiega, “lavorava in altri Tribunali, era nominato da altri giudici”.
Al massimo può avere sollecitato dei pagamenti che erano in ritardo. E poi segnala che nel settore dei beni sequestrati “lavoravano anche familiari di miei colleghi”, come “il marito di un giudice” che “ha più incarichi”.
Rigetta ogni contestazione: “mai avuto soldi dall’avvocato Gaetano Cappello Seminare, scelto perché, al di là delle sue doti, nel suo studio aveva figure professionali come ingegneri, contabili, architetti e agronomi”. Nessun rapporto col titolare dei supermercati Sgroi dove pagava la spesa non giornalmente, ma poi a saldo al quale, quando era gip, “avevo fatto sequestrare 400mila euro”.
“La verità – sostiene – è che io ho dato la vita per la magistratura, sapendo di rischiare, e non avendo la minima paura di perderla. L’ho messo in conto. Certo è che Massimo Ciancimino, nelle intercettazioni del processo Brancato dice ‘A quella la dobbiamo fare saltare dalla sezione’. Lì sono stati condannati, qui sono stata denunciata io. Non pensavo – osserva – di dovermi difendere davanti a un collegio, ma non ho voluto parlare con altri se non di fronte a un Tribunale”. Poi l’avvio del controesame dei pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, qualche “non so e non ricordo”, prima del rinvio dell’interrogatorio al 27 febbraio.
Il giudice Saguto terrorizza i colleghi: ‘Ho trovato agenda con richieste di favori’
La deposizione nel processo di Caltanissetta: "Magistrati e avvocati mi segnalavano i commissari da nominare"