ROMA – La Sea Watch 3 lascia il porto di Catania ma non tornerà ad effettuare il soccorso dei migranti nel Mediterraneo davanti alla Libia, almeno non subito: dovrà andare in Francia, a Marsiglia, per completare gli interventi richiesti dalle autorità olandesi per adeguare l’imbarcazione alle normative. Una versione che i vertici dell’organizzazione umanitaria smentiscono: “sono solo interventi di manutenzione ordinaria e programmata, torneremo in mare a metà marzo”.
opo 20 giorni si sblocca dunque la vicenda della Ong tedesca. La Sea Watch 3 era entrata nel porto di Catania la notte tra il 31 gennaio e il 1 febbraio, dopo aver passato 10 giorni in mare con a bordo 47 migranti in attesa che il braccio di ferro politico tra l’Italia, Malta e l’Europa partorisse una soluzione. Appena scesi i migranti, però, sono saliti a bordo gli ispettori della Guardia Costiera, che hanno ravvisato 32 ‘anomalie’ “relative sia alla sicurezza della navigazione che al rispetto della normativa in materia di tutela dell’ambiente”. Una serie di problematiche che non hanno portato al fermo amministrativo della nave ma che, di fatto, l’hanno tenuta in porto fino ad oggi. L’autorizzazione a salpare è però condizionata: nell’ultima ispezione effettuata, la Guardia Costiera ha verificato il “parziale ripristino” delle non conformità e, dunque, dopo diversi contatti e dopo aver ricevuto l’autorizzazione dallo stato di bandiera, l’Olanda, ha dato il via libera alla partenza per Marsiglia, dove “sarà sottoposta a ulteriori lavori per il completamento del processo di adeguamento alla normativa applicabile”. Tutt’altra storia racconta la Ong, che con la portavoce italiana Giorgia Linardi accusa invece Italia e Olanda di aver “abusato del loro potere ispettivo per cercare qualcosa, la minima cosa” per bloccare la nave, con il solo obiettivo di impedire l’attività di soccorso in mare”.
Secondo Sea Watch tutte le “presunte irregolarità tecniche” sarebbero state risolte e la sosta a Marsiglia era programmata da tempo per la manutenzione ordinaria. Nei giorni scorsi l’Olanda, che aveva già ispezionato la nave 5 mesi fa a Malta, ha sollevato però un altro problema. Effettuando, afferma la Ong, una ispezione medica “particolarmente insolita, la cui finalità era valutare l’idoneità della nave ad ospitare le persone salvate per lungo tempo, un requisito non verificabile e che non si applica nemmeno alle navi della Guardia Costiera”. Sempre l’Olanda avrebbe voluto inoltre obbligare la nave ad effettuare gli interventi in un cantiere italiano. A quel punto è scattata la minaccia di un’azione legale. E guarda caso, fa notare Sea Watch, l’autorizzazione a partire è arrivata “pochi minuti prima” che scadesse il termine indicato dalla Ong per avviare l’azione legale per “detenzione illegittima” della nave. Al di là di chi abbia ragione, quel che è certo è che le partenze non si sono fermate. Ieri la Guardia Costiera libica ha soccorso un gommone con a bordo 113 persone ed è per questo che l’Italia punta a rafforzare l’intesa con Tripoli.
Ieri c’è stata una riunione tra i vertici della marina e della Guardia Costiera libica e tecnici del Viminale, della Gdf, della Guardia Costiera e della Marina italiana. Sul tavolo i 45 milioni messi a disposizione dall’Ue e soprattutto dal gruppo di Visegrad: l’Italia si è impegnata a fornire altre 4 motovedette e a realizzare il Centro di coordinamento marittimo, un cantiere nautico per la manutenzione delle imbarcazioni già donate, i sistemi di comunicazione e controllo lungo la fascia costiera.