PALERMO – Oltre 200 carabinieri del Comando Provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 25 esponenti della mafia trapanese.
Il provvedimento, emesso dal gip di Palermo, su richiesta della Dda, ipotizza le accuse di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione, danneggiamento.
In cella sono finiti, oltre ai vertici del mandamento di Trapani (rappresentati dai fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del boss ergastolano Vincenzo), esponenti di spicco della “famiglia” mafiosa di Paceco e della “famiglia” di Marsala.
La famiglia Virga è risultata quindi ancora al comando di Cosa nostra a Trapani. I capi sarebbero Pietro e Francesco Virga, fratelli, figli dello storico boss ergastolano Vincenzo. Ai vertici del clan anche Francesco Orlando, ex consigliere comunale del Psi, “uomo d’onore riservato” ed ex segretario particolare del deputato regionale Bartolo Pellegrino.
Entrambi i Virga sono già stati condannati per mafia. “L’obiettivo della organizzazione mafiosa, in base agli esiti delle investigazioni, rimane quello di acquisire il controllo di attività economiche, soprattutto nel campo dell’edilizia e della gestione dei rifiuti, e di raccogliere consensi elettorali in occasione delle varie consultazioni”, sostengono i magistrati della Dda che hanno coordinato le indagini.
Tra gli arrestati anche due esponenti politici. Si tratta dell’ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello, accusato di associazione mafiosa, e dell’ex assessore comunale di Trapani Ivana Inferrera, indagata per voto di scambio politico-mafioso.
Secondo gli inquirenti, i due politici si “offrivano” ai mafiosi, proponendosi come “punti di riferimento” per i clan e arrivando, in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione della campagna elettorale.
Ruggirello, 52 anni, trapanese, eletto all’Ars due volte, è stato deputato questore. Si è candidato alle ultime elezioni politiche ma non ce l’ha fatta. Inferrera, 55 anni e una laurea in Conservazione dei beni culturali, è stata direttrice del museo della preistoria e nel 2013 è stata nominata assessore alle Strategie di sviluppo, alle politiche sociali e al Turismo del Comune di Trapani.
Ruggirello, secondo l’accusa, strumentalizzando il proprio ruolo istituzionale, avrebbe “contribuito al raggiungimento di uno degli scopi dell’associazione mafiosa: il controllo del voto democratico e l’influenza sulla gestione della cosa pubblica”.
Per il gip, l’ex deputato, “destinatario delle preferenze elettorali fatte confluire da esponenti di detta associazione nel corso di varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio mafioso, a cui metteva a disposizione – per il tramite di singoli affiliati, con i quali intratteneva rapporti continuativi e ai quali si rivolgeva anche per questioni personali – l’influenza e il potere derivanti anche dalla sua posizione di deputato regionale dell’Assemblea Regionale Siciliana”.
Per gli inquirenti Ruggirello, che avrebbe incontrato più volte mafiosi, avrebbe avuto il sostegno dei boss di Trapani, nelle più recenti competizioni elettorali, ossia quelle per il rinnovo della Assemblea regionale siciliana del 2017 e quella per la Camera e il Senato del 2018.
L’ex parlamentare avrebbe tutelato gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, anche facendo avere finanziamenti pubblici, avrebbe fatto assumere all’ospedale di Trapani la figlia di un mafioso di Campobello di Mazara, promesso posti di lavoro, fatto avere appalti a imprese mafiose. Per gli inquirenti provate le sue richieste di aiuto elettorale a mafiosi del calibro di Salvatore Crimi e dei Virga di Trapani a cui avrebbe dato denaro per il sostegno elettorale.
“Mi sto giocando tutte le carte per questi politici, vedi che mi devi dare una mano ah! Una mano buona!…… Dobbiamo raccogliere voti… tu… lo sai che se le cose vanno bene a me… vanno bene a tutti, mi pare che è stato sempre così qua…”: così il boss trapanese Pietro Virga spiegava agli amici perché era fondamentale garantire l’appoggio elettorale ai suoi candidati.
“Deve salire a dritta il marito è uno che ha amicizie forti là a Roma. E se noi arriviamo a questa a portarla là, qualche cosa possiamo concludere è giusto?”, diceva Virga riferendosi a un’altra candidata, Ivana Inferrera, dell’Udc. “A tutti questi già quando gli da 50 euro, 20 euro per fare la spesa…”, spiegava.
Le elezioni finite sotto inchiesta sono le Comunali di Trapani ed Erice del 2016 dove la mafia avrebbe sostenuto Vito Mammina e la figlia Simona, e le regionali e politiche. Alle regionali Cosa nostra trapanese si sarebbe spesa, in cambio di soldi, per la Inferrera e per Ruggirello, candidato nella lista del Pd per Micari, mentre per le politiche il solo candidato era Ruggirello.
I carabinieri di Trapani oltre ad azzerare il mandamento mafioso di Trapani, per la prima volta hanno individuato una “cellula” di Cosa nostra nell’isola di Favignana. Nell’ambito dell’operazione, inoltre, è stato eseguito un sequestro di beni, società ed esercizi commerciali per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Tra i beni sequestrati anche il Grand Hotel Florio di Favignana.
Questi i nomi degli arrestati: Michele Alcamo, 46 anni; Diego Angileri, 82 anni; Salvatore Angileri, 47 anni; Biagio Bianco, 52 anni; Antonino Buzzitta, 77 anni; Pietro Cusenza, 52 anni; Antonino D’Aguanno, 55 anni; Vito D’Angelo, 71 anni; Vincenzo Ferrara, 54 anni; Vito Gucciardi, 59 anni; Ivana Anna Maria Inferrera, 56 anni; Domenico La Russa, 69 anni; Mario Letizia, 49 anni; Giovanni Maltese, 64 anni; Michele Martines, 50 anni; Franco Orlando, 63 anni; Francesco Paolo Peralta, 54 anni; Giuseppe Piccione, 47 anni; Paolo Ruggirello, 53 anni; Francesco Salvatore Russo, 41 anni; Leonardo Russo, 58 anni; Carmelo Salerno, 59 anni; Filippo Tosto, 48 anni; Francesco Virga, 49 anni; Pietro Virga, 46 anni.
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