PALERMO – Quattro arresti sono stati eseguiti della polizia di Palermo, contestualmente ad altre dieci misure cautelari, nel corso dell’operazione denominata ‘Cuci e Scuci’, nei confronti di imprenditori e funzionari del Provveditorato Opere Pubbliche di Palermo accusati di corruzione, falso in atti pubblici e truffa aggravata ai danni dello Stato. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica.
L’indagine, svolta dalla Sezione Anticorruzione della Squadra Mobile di Palermo, ha svelato un sistema di tangenti nel settore degli appalti per opere pubbliche che ha interessato un importante distretto ministeriale. L’input alle indagini lo ha fornito la denuncia di un imprenditore edile al quale erano state chieste ‘mazzette’ da parte di alcuni funzionari in servizio presso il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per lavori di ristrutturazione di una scuola elementare in provincia di Palermo.
Le indagini sono coordinate del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Pierangelo Padova e Giacomo Brandini. Al centro delle indagini ci sono alcuni appalti per le ristrutturazioni di uffici pubblici.
A dicembre del 2017 era scattato un blitz degli agenti della Squadra Mobile di Palermo negli uffici del Provveditorato in piazza Verdi a Palermo. Un imprenditore aveva denunciato di avere subito pressioni da parte di alcuni funzionari e richieste di mazzette.
Erano stati notificati cinque avvisi di garanzia dalla sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Mobile. In quell’occasione era stata anche sequestrata la documentazione riguardante alcuni lavori fatti a Palermo e provincia: al padiglione 18 dell’Università di viale delle Scienze, in un dipartimento di via Archirafi, in un appartamento delle forze dell’ordine e ancora alla caserma dei carabinieri di Capaci.
Sotto osservazione quattro lavori a Enna: per la sistemazione di alcuni immobili dei vigili del fuoco, dell’Agenzia delle Entrate e della caserma della polizia intitolata al commissario Boris Giuliano; sospetti di mazzette anche sulla ristrutturazione della chiesa di San Benedetto, nel Comune di Barrafranca.
Sequestrata pure la documentazione che riguarda le scuole “Ansaldi” di Centuripe (Enna), “Luigi Pirandello” di Villadoro (Nicosia), “Piraino” di Casteldaccia e “La Pira” di Sant’Alfio (Catania).
IL SISTEMA AMATO. Gli inquirenti lo hanno soprannominato il “sistema Amato”, portato avanti con spregiudicatezza e accortezza da Carlo Amato, uno dei funzionari del provveditorato opere pubbliche di Palermo finito agli arresti domiciliari. I cellulari venivano lasciati ai colleghi, perché anche spenti possono essere intercettati, e si avanzava la richiesta di denaro.
La strategia di Amato non era condivisa da Casella e Muzzicato, anche loro indagati, che teorizzavano invece una strategia più sottile e meno rischiosa. Secondo i due, infatti, era opportuno che fossero gli imprenditori di loro iniziativa a fare ‘un regalo’ come ricompensa per i favori ottenuti.
Favori che consistevano, oltre che in una celere trattazione del procedimento amministrativo propedeutico alla liquidazione dell’importo dei lavori appaltati, nell’adozione di una perizia di variante contenente costi ‘gonfiati’.
In questo modo l’imprenditore si sarebbe sentito quasi in dovere di sdebitarsi con i pubblici ufficiali e loro avrebbero così potuto accettare con serenità il “regalo”, a meno di avere a che fare con un “bastardo” disposto a rivolgersi alle forze dell’ordine.
Amato, come si legge nell’ordinanza del gip, aveva invece chiesto senza troppi preamboli all’imprenditore Lorenzo Chiofalo 8 mila euro da dividere proprio con Casella e Muzzicato rispettivamente direttore operativo, e ispettore di cantiere. “Onestamente avevo pensato di chiudere tutto il totale a 5 (cinquemila. ndr), in base ai conti che mi sono fatto”, risponde Chiofalo. “Veda lei – aggiunge Amato – Mi pare poco, però sinceramente di primo cuore, perché dico, volevo dare tremila euro a tutti e due e 5 io, però.., ripeto non mi pare che siamo, siamo lontani dalle idee insieme”.
A dicembre del 2017 arriva al provveditorato delle opere pubbliche la polizia. Sequestra documenti e notifica gli avvisi di garanzia ad alcuni indagati. Tre dei quattro finiti ai domiciliari Franco Barberi, Antonio Casella e Claudio Monte, si riuniscono per capire chi li aveva traditi. Mentre parlano intercettati dalla squadra mobile cominciano un lavoro di distruzione di prove. “Questo – dice Barberi – che c’ha la fissa del..”. E Casella : “Del paladino della giustizia”. “Ma magari gli sparassero, conclude Monte”.
GLI ARRESTATI. L’indagine riguarda diversi pubblici ufficiali in servizio nel provveditorato interregionale alle opere pubbliche a Palermo: gli ingegneri Carlo Amato, Claudio Monte, Franco Barberi e il geometra e geologo Antonio Casella sono agli arresti domiciliari. L’architetto Antonino Turriciano e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato sono sottoposti alla misura della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio per la durata di 12 mesi.
Inoltre, il provvedimento cautelare prevede la misura del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi a carico di 8 imprenditori, titolari di altrettante imprese operanti nel settore edilizio e con sede nella provincia di Palermo, Enna, Messina, Agrigento: Giuseppe Messina, nato ad Enna, di 67 anni; Filippo Messina, nato ad Enna, di 41 anni, Ignazio Spinella, nato a Marineo, 44 anni, Lorenzo Chiofalo, nato a Nardò (Le), 50 anni, Tommaso D’Alessandro, nato a Bagheria (Pa) di 55 anni, Giuseppe Giovanni Tunno, nato a Canicattì (Ag) di 55 anni; Franco Vaiana, nato a Palazzo Adriano (Pa) 80 anni, Giuseppe Pinto Vraca, nato a Castell’Umberto (Me) di 67 anni.
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