PALERMO – Il “sistema” dei concorsi truccati all’Università di Catania, delineato dall’inchiesta della Procura, era già stato esplorato in una vicenda giudiziaria scaturita da un concorso per ricercatore in Storia contemporanea nella sede distaccata di Ragusa. La commissione aveva in quella occasione scelto come vincitrice una candidata laureata in architettura.
Il candidato escluso, Giambattista Sciré, autore tra l’altro di vari saggi e ricerche, aveva presentato ricorso al Tar e denuncia alla magistratura ordinaria. Sia il Tar che il Consiglio di giustizia amministrativa avevano giudicato illegittima la decisione dei commissari che in sede penale sono stati il 17 aprile scorso condannati dal tribunale: un anno di reclusione ciascuno con la condizionale per il presidente Simone Neri Serneri, la segretaria Alessandra Staderini, il commissario Luigi Masella. A Sciré è stata riconosciuta una provvisionale di 10 mila euro.
Il processo ha preso in esame solo il caso Sciré e il comportamento della commissione ma ha messo in luce i metodi di un “sistema” nel quale la selezione dei candidati si fondava, si legge nelle sentenze, anche su “affermazioni illogiche” e perfino su valutazioni “contrarie al buon senso”.
Mentre la Corte dei conti ha aperto un fascicolo ipotizzando un danno erariale, il Tar ha condannato l’Università di Catania al risarcimento dei danni al candidato escluso che però non ha mai ottenuto, se non per alcuni mesi, l’immissione nel posto di ricercatore. Sciré ha proseguito però la sua battaglia fuori dall’Università promuovendo con altri colleghi l’associazione “Trasparenza e merito” che ha come obiettivo la verifica e il rispetto della regolarità delle procedure seguite nei concorsi universitari.
Il caso del candidato che aveva denunciato il sistema
Catania. Il precedente della vicenda giudiziaria per un concorso per ricercatore in Storia contemporanea nella sede distaccata di Ragusa