TEHERAN/ROMA – Non è bastato l’appello alla prudenza lanciato in extremis sabato sera dal presidente francese Emmanuel Macron in una telefonata di un’ora con Hassan Rohani: come preannunciato dal presidente iraniano, Teheran ha detto che sta procedendo ad innalzare l’arricchimento dell’uranio ad una misura superiore a quella consentita dall’accordo sul nucleare del 2015, contribuendo ad alimentare le tensioni con gli Usa, già a livello di guardia. Tramite il segretario di Stato Mike Pompeo Washington risponde promettendo alla Repubblica islamica “ulteriore isolamento e sanzioni”, perché, afferma il capo della diplomazia americana, “il regime iraniano, armato con le armi nucleari, porrà un pericolo ancora più grande per il mondo”.
La concentrazione di uranio 235 (quello direttamente fissile) nelle scorte in possesso della Repubblica islamica viene portato oltre la soglia del 3,67% consentito dall’intesa, ha annunciato Behruz Kamalvandi, portavoce dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, senza precisare il nuovo limite. Alla vigilia, tuttavia, Ali Akbar Velayati, ex ministro degli Esteri e influente consigliere della Guida Ali Khamenei, aveva parlato di un arricchimento al 5%. Ancora molto lontano quindi dal 90% necessario per costruire armi atomiche, ma sufficiente per lanciare un messaggio di sfida non solo agli Stati Uniti – che comunque dall’accordo del 2015 si erano ritirati lo scorso anno – ma anche ai Paesi europei, accusati da Teheran di non aver fatto nulla per alleviare gli effetti delle sanzioni imposte da Washington che stanno strangolando l’economia iraniana.
L’Iran, ha detto il portavoce della commissione Energia del Parlamento, Assadollah Gharenkhani, giudica “solo parole, una messinscena” le promesse fatte da oltre un anno dei Paesi europei firmatari dell’intesa, Francia, Gran Bretagna e Germania, di rendere operativo uno strumento finanziario per continuare le transazioni con l’Iran.
La prima cosa che gli europei dovrebbero fare, fa notare Gharenkhani, è aiutare Teheran a riprendere le sue esportazioni di petrolio, che l’amministrazione Usa di Donald Trump è riuscita a tagliare drasticamente facendo pressioni sull’intera comunità internazionale. Proprio Germania e Gran Bretagna, come fatto sabato dalla Francia attraverso Macron, hanno espresso la loro “preoccupazione” per la mossa di Teheran, chiedendole di fare marcia indietro. Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, risponde che le misure prese sono “reversibili”, ma solo se gli europei si impegneranno davvero per contrastare gli effetti delle sanzioni Usa, opponendosi all’ “unilateralismo americano”.
Se ciò non avverrà l’Iran, lungi dal retrocedere, procederà fra 60 giorni ad una “terza tappa” verso il superamento dell’accordo del 2015, dopo l’aumento due mesi fa delle riserve di uranio arricchito a basso livello oltre il limite dei 300 chilogrammi e, ora, l’incremento dei livelli di arricchimento. Ma le autorità della Repubblica islamica non hanno specificato nei dettagli quale sarà la prossima mossa. Secondo Benyamin Netanyahu, il superamento della soglia di arricchimento ha un solo scopo, “la produzione di bombe atomiche”.
Per questo il premier israeliano chiede anche all’Europa di “ripristinare le sanzioni” all’Iran, decretando il fallimento dell’intesa del 2015 che lo stesso Netanyahu ha sempre osteggiato. Mentre l’Iran afferma che obiettivo delle sue mosse è proprio quello di salvare tale intesa, spingendo gli europei a passi concreti per tenerlo in vita. Il prossimo atto del lungo braccio di ferro è in programma mercoledì, quando a Vienna si riunirà l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) per una sessione d’urgenza chiesta dagli Stati Uniti.