BRONTE (CT) – Antonino non ce la fa a parlare, si commuove e la sua voce è rotta all’emozione. E allora lascia che a ricordare sia la moglie, Carmela. “Mio marito aveva una epatite C che progredì fino a farlo ammalare di cirrosi epatica – racconta -. Prima dell’intervento stava davvero male. Ogni settimana dovevamo fare 250 chilometri per andare da casa nostra a Bronte, in provincia di Catania, a Palermo perché si doveva sottoporre alla paracenentesi in modo da eliminare i liquidi nell’addome. Era sempre più provato, più magro, più stanco. Non poteva stare sdraiato perché la tosse lo scuoteva ed era costretto a dormire seduto. Andammo a Torino per capire se poteva affrontare il trapianto di fegato, ma non venne neppure inserito nella lista d’attesa”.
Poi i coniugi riescono ad entrare in contatto con Ismett. Antonino viene ricoverato il 26 luglio 1999, tra il 7 e l’8 agosto viene operato. “All’ultimo momento mi avvertirono che c’era un organo per Antonino – dice Carmela – . In quel momento era a fare l’ecocuore. Mi dissero: aspetti a dirglielo perché dobbiamo essere sicuri che sia compatibile, ma non riuscii a trattenermi, tanta era la gioia. Avevamo atteso tanto e con tanta sofferenza. Per fortuna – aggiunge – quel fegato andava bene per lui. Entrò in sala operatoria alle 6 del mattino e ne uscì alle 6 del mattino successivo. Aveva 56 anni e quattro figli”.
Oggi Antonino è un signore di 76 anni, con i suoi acciacchi e i suoi problemi, ma di una cosa è sicuro: gli ultimi vent’anni sono stati un regalo, il più bel regalo che potesse avere. “La data del trapianto la festeggiamo tutti gli anni, come fosse un compleanno – conclude Carmela – e in effetti Antonino è nato un’altra volta proprio in quel giorno”.
Salvato da un fegato nuovo e dall’Ismett
Vent'anni da quell'intervento, ma un anziano di Bronte non dimentica i viaggi a Torino e a Palermo: "La data del trapianto la festeggio come un compleanno"