LAMPEDUSA (AGRIGENTO) – Schivo ma sempre in prima linea, come quando per il caso Sea Watch si accovacciò sul sagrato della chiesa assieme agli attivisti trascorrendo notti insonni pur di mantenere alta la tensione sulla vicenda, don Carmelo La Magra anche per i naufraghi della Open Arms non si è tirato indietro, fin dal primo giorno.
Da quando è esploso il caso, 18 giorni fa, davanti alla chiesa di San Gerlando, nel viale principale dell’isola che in questo periodo è strapieno di turisti, si radunano gruppi di persone per testimoniare la propria vicinanza ai migranti che sono a bordo della nave della Ong spagnola, ferma a soli 800 metri da Cala Francese, la zona di mare vicina all’aeroporto. Stamani, Don Carmelo è stato il primo a presentarsi nel molo commerciale: qui ha aspettato l’arrivo dei 24 minori trasferiti dall’hotspot sulla nave della Siremar diretta a Porto Empedocle e sulla quale sono stati imbarcati altri 13 migranti, tra cui sei donne.
Il sacerdote fa l’ennesimo appello alle autorità: “Fateli scendere dalla Open Arms subito”. “Ogni giorno in più è un giorno di tortura per la gente che si trova in quella imbarcazione in condizioni disperate – dice don Carmelo – Anche perché comunque dovranno scendere e quindi prolungare la permanenza sulla nave è assurdo”. Anche perché mentre l’attenzione è tutta sulla Open Arms, nel giro di 72 ore a Lampedusa sono giunti altri 114 migranti, in quattro sbarchi differenti.
“L’arrivo di altri migranti, l’ultimo la scorsa notte, dimostra che non sono le ong che vanno a prenderli a tutti i costi – afferma il parroco – Queste persone continuano ad arrivare con le barche, quindi è evidente che il problema non sono le Ong”. Per il prete “la situazione va sbloccata subito: non è giusto perdere altro tempo, in quella nave ci sono persone che stanno soffrendo, vanno subito portate a terra e aiutate”.