CATANIA – Vittorio Feltri e il direttore responsabile di Libero Pietro Senaldi andranno a processo per aver pubblicato in prima pagina, il 10 febbraio del 2017, una foto di Virginia Raggi con un articolo dal titolo sessista. Una scelta che sin da subito destò forti polemiche e per cui ora i due giornalisti sono stati rinviati a giudizio. La sindaca di Roma punta il dito contro le “parole vomitevoli” che le furono rivolte e commenta: “È un primo importante risultato. Non tanto per me, ma per tutte le donne e tutti gli uomini che non si rassegnano a un clima maschilista, a una retorica fatta di insulti o di squallida ironia”.
Per Feltri, autore dell’articolo, la prima udienza del processo per diffamazione si terrà il 15 settembre del 2020, davanti alla terza sezione penale del Tribunale monocratico di Catania. La competenza è del capoluogo etneo perché è la città in cui è stata stampata per prima la copia del quotidiano. Il provvedimento è stato emesso ieri dal Gup Luca Lorenzetti che ha accolto la richiesta di rinviare i giornalisti a giudizio avanzata dalla Procura.
Feltri è imputato, scrive il Gup, in qualità di “direttore editoriale e di autore del pezzo”, per avere “offeso la reputazione di Virginia Raggi” con l’articolo in prima pagina, ricorda il giudice, dal titolo incriminato preceduto dal sopratitolo ‘La vita agrodolce della Raggi’ e seguito dal catenaccio ‘La sindaca di Roma nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia ricorda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo’”. Senaldi invece risponde di “avere omesso di esercitare” sull’articolo, “il controllo necessario ad impedire che con esso venisse offesa la reputazione” di Raggi.
La sindaca si fa sentire contro quegli “pseudo-intellettuali, politici e alcuni giornalisti che fanno da megafono ai peggiori luoghi comuni, nella speranza di vendere qualche copia o conquistare qualche voto in più, arrivano persino a infangare la memoria di figure istituzionali come Nilde Iotti o a insultare le donne emiliane e romagnole – aggiunge Raggi in riferimento ad al recente articolo di Libero sulla prima presidente della Camera -. ‘Patata bollente e tubero incandescente’ mi scrivevano. Io non dimentico – promette – vediamo come finisce in Tribunale questa vicenda”.
Al suo fianco si schiera la vicepresidente del Senato Paola Taverna parlando di “becero sessismo”, il gruppo M5s e anche il Pd capitolino con le consigliere dem che esprimono solidarietà a Raggi. Feltri dice di non avere “in antipatia Raggi, anzi mi sta simpatica – afferma -. A volte l’ho anche difesa. Sul merito posso solo dire che io sono direttore editoriale e non ho alcuna responsabilità sui titoli, al massimo li propongo. Nel mio pezzo non c’era nulla di assertivo, sostenevo solo che se qualcuno va a parlare con un collaboratore a cui ha aumentato lo stipendio sul tetto la cosa lascia perplessi… E’ una cosa curiosa il rinvio a giudizio, non capisco quale sia l’imputazione – aggiunge -. Se il problema riguarda il titolo, ricordo che l’espressione fu usata anche da Lilli Gruber contro la Boschi e dallo stesso Libero nei confronti di Ruby Rubacuori, ma in quel caso, essendo lei marocchina, evidentemente non interessava a nessuno. Anche questo fa un po’ ridere…”.