CATANIA – Quello “che si è concluso” è stato” “un ‘annus horribilis’ per la magistratura, avendo avvenimenti recenti e che hanno avuto grande eco nell’opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l’indipendenza della magistratura”. Queste le parole del presidente della Corte d’appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario di Catania.
“L”annus horribilis’ della magistratura italiana – ha rilevato – può costituire solo un’occasione di rammarico per quel che è avvenuto oppure un’occasione di miglioramento per riconoscere i meriti e rimuovere le crepe del sistema. La scelta tra queste alternative sta tutta nella capacità di seria riforma che sapranno esprimere le istituzioni, nella volontà, in altri termini, di superare la tendenza ampiamente praticata al mero dileggio o alla apologetica difesa dell’esistente. Su questi temi il dialogo e l’azione comune tra la magistratura e l’avvocatura sono, comunque, l’unica via praticabile”.
La cerimonia a Catania è stata caratterizzata dalla protesta degli avvocati penalisti con la riforma sulla prescrizione. Alcuni legali, presenti con la toga, durante il discorso del rappresentante del ministero della Giustizia, si sono alzati in piedi e hanno esibito con le mani alzate i testi del Codice Penale.
“Sbandierare l’intervento abrogativo sul 25% del fenomeno, quelle che maturano dopo la sentenza di primo grado – ha detto nel suo intervento l’avvocato Salvatore Liotta, presidente della Camera penale ‘Serafino Famà’ di Catania – e tacere sul 75% delle prescrizioni che maturano prima della sentenza, vuol dire accettare la crisi del sistema giustizia. E’ pensiero espresso dal Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, non da un avvocato. Per questo gli avvocati presenti in sala hanno ostentato i codici, della legge penale e della procedura penale, strumenti quotidiani del nostro, e del vostro lavoro. E abbiamo notato, tutti, che il termine prescrizione non è stato mai menzionato dal rappresentante del governo nel suo lungo intervento”.
“Ma l’abrogazione della prescrizione dopo il primo grado – ha aggiunto Liotta – appare sempre più solo un pretesto, un cavallo di Troia, per chiudere i conti con la riforma del processo in senso accusatorio e non più inquisitorio e per aprire una strada alla manomissione del diritto all’impugnazione. Su questi temi l’avvocatura penale non potrà essere né concorde né acquiescente ma eserciterà il suo inviolabile diritto di critica e divulgazione sui temi reali della giustizia”.
“Da ultimo, e anche questo è pensiero comune delle Camere Penali Distrettuali – ha osservato Liotta – non possiamo tacere sull’attacco virulento portato alla funzione e alla dignità del difensore da esponenti di punta della magistratura associata e ora del Csm: le esternazioni, note a tutti, del consigliere Davigo sulla funzione difensiva, rappresentata come meramente speculativa e parassitaria, fino a teorizzare ipotesi di responsabilità in solido per le impugnazioni, oltre a essere, anche queste, irricevibili, sono espressioni di gratuita denigrazione di una funzione essenziale per l’amministrazione della Giustizia? Nel ricordo di Serafino Famà possiamo affermare che puntare alla minimizzazione e alla marginalità del difensore non produce solo un vulnus al diritto di difesa, costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, ma lascia soli, terribilmente soli e responsabili anche i giudici chiamati a svolgere la fondamentale funzione di amministrare giustizia ed emettere sentenze dopo il necessario contraddittorio tra le parti. Attenzione – ha concluso Liotta – facciamo attenzione. Tutti”.
I penalisti di Siracusa hanno lasciato il Palazzo di Giustizia per contestare la carenza dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo nel Tribunale del capoluogo aretuseo e sottolineando anche il disagio dell’intera classe forense nei confronti della recente riforma sulla prescrizione.
Agitazione a Messina, dove in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario gli avvocati del Distretto della Corte di appello hanno scelto di assistere alla cerimonia senza indossare la toga, “in segno di protesta e di dissenso nei confronti di chi non ascolta la voce dell’avvocatura sulla riforma che ha inciso sul decorso del termine di prescrizione del reato. Oggi il codice affida ai tempi del processo alla responsabilità della magistratura, prima inquirente e poi giudicante, ma solo un confronto reale e costruttivo con l’avvocatura avrebbe potuto consentire al Ministro di comprendere le ragioni reali della violazione delle norme sul giusto processo”.
Michele Galluccio, presidente della Corte di appello, ha sottolineato che “gli organici dei tribunali di Messina, Barcellona P. G. e Patti sono stati complessivamente ridotti di 5 unità, in conseguenza della enunciata scelta di politica di rafforzare le aree del Nord e in particolare del Nord-est. Il distretto di Messina è stato quello più penalizzato in Italia. La sottrazione di risorse al Sud, economicamente depresso, per sopperire alle esigenze di sviluppo del Nord, ha significato l’accentuazione del divario tra le diverse parti del paese”.
A Palermo l’intervento dell’ex pm Nino Di Matteo, ora componente del Csm: “Il Consiglio superiore della magistratura – ha detto – deve voltare pagina. Quel che è venuto alla luce dall’inchiesta di Perugia deve indignarci, ma non può sorprenderci perché è la fotografia nitida di una patologia grave che si è diffusa come un cancro e che ha portato allo strapotere delle correnti e al collateralismo con la politica, logiche che hanno allontanato l’organo di autogoverno dagli scopi per cui la Costituzione lo aveva previsto”.
Parole dure anche a Caltanissetta. “La storia giudiziaria di questa città narra di processi su tante morti eroiche di servitori dello Stato legate da un comune filo rosso – ha detto il presidente della Corte d’appello Maria Grazia Vagliasindi -. È una lunga scia di sangue quella che ha impegnato la giurisdizione nissena ed è qui a Caltanissetta che è stato celebrato il primo processo Chinnici e i processi sulle stragi Falcone e Borsellino. Questa è storia giudiziaria e di tale storia è per competenza processuale intrisa la giurisdizione nissena che, già per tale profilo, è legittimata a pretendere un aumento di organico, un sostegno più efficace sotto il profilo delle risorse amministrative, un’investigazione che si possa avvalere dei più sofisticati strumenti”.
Svalutati, inascoltati e depotenziati: l’annus horribilis della magistratura siciliana
Proteste e allarmi alle cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario: "Nessuno in Italia sta peggio di noi". VIDEO