PALERMO – L’accusa è di falso. Avrebbe mentito facendo passare come suo collaboratore parlamentare uno che aveva conosciuto solo telefonicamente e che con lei, fino ad allora, non aveva formalizzato alcun rapporto di lavoro. Una menzogna dichiarata durante tre visite a case circondariali siciliane che ha consentito al presunto assistente la possibilità di entrare in carcere senza autorizzazione e di incontrare mafiosi. Le accuse contestate alla deputata di Italia Viva Giusy Occhionero sono gravi.
Oggi la Procura di Palermo le ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Con lei rischiano il processo l’esponente dei Radicali Italiani Antonello Nicosia, l’uomo spacciato per collaboratore parlamentare, che risponde di falso in concorso, aggravato dal favoreggiamento di Cosa nostra e associazione mafiosa, il boss di Sciacca Accursio Dimino e tre presunti favoreggiatori.
Secondo la ricostruzione dei pm solo in un secondo momento, dopo aver fatto ben tre ispezioni in istituti di pena siciliani, Occhionero e Nicosia avrebbero formalizzato il rapporto di collaborazione. Dall’inchiesta è emerso che, oltre a progettare estorsioni e omicidi, Nicosia, sedicente docente universitario, da anni impegnato in battaglie a difesa dei detenuti, entrava e usciva dalle carceri, incontrando anche capimafia al 41 bis, proprio grazie alla collaborazione di Occhionero.
I due si erano conosciuti tramite i Radicali Italiani. Il 21 dicembre, dopo aver avuto con Nicosia solo contatti telefonici, la deputata è arrivata a Palermo e ha incontrato Nicosia con cui è andata immediatamente a fare un’ispezione al carcere Pagliarelli. All’ingresso ha dichiarato che era un suo collaboratore: circostanza, hanno accertato i pm anche attraverso indagini alla Camera, falsa. All’epoca, infatti nessun rapporto di lavoro era stato formalizzato. Il giorno successivo i due hanno fatto, con le stesse modalità, visite nelle carceri di Agrigento e Sciacca.
Ai pm che in principio l’hanno sentita come persona informata sui fatti, la donna ha detto di non aver avuto contezza della doppia personalità di Nicosia, formalmente paladino dei diritti dei carcerati, di fatto uomo d’onore che portava all’esterno i messaggi dei boss. Ma le spiegazioni della deputata non hanno convinto i magistrati che hanno accertato che tra la Occhionero e Nicosia c’era anche una relazione sentimentale. Convocata per un interrogatorio dopo l’iscrizione nel registro degli indagati, la deputata non si è presentata avvalendosi della facoltà di non rispondere.