ROMA – L’influenza comincia lentamente a mettere a letto meno persone, segnale che si sta superando il picco. Il numero di casi stimati in questa settimana dall’ultimo aggiornamento del bollettino di sorveglianza InfluNet, a cura dell’Istituto superiore di sanità (Iss), è di circa 763.000, per un totale dall’inizio della sorveglianza di 5.018.000. Ad essere colpiti sono maggiormente i bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un’incidenza pari a 38,3 casi per mille assistiti.
Val D’Aosta, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise e Basilicata sono le regioni con il più alto numero di casi e dove l’incidenza si mantiene sopra i quindici casi per mille assistiti. In generale, nella fascia di età 0-4 anni l’incidenza della sindrome influenzale è risultata pari a 38,30 casi per mille assistiti, tra i 5 e i 14 anni a 28,37, nella fascia 15-64 anni a 9,76 e tra le persone di età pari o superiore a 65 anni a 4,09 casi per mille assistiti. Per quanto riguarda i decessi accertati per influenza (pazienti gravi transitati per i reparti di terapia intensiva prima del decesso), alla sesta settimana della sorveglianza sono stati registrati 19 morti su 98 casi gravi.
Nell’intero periodo della sorveglianza, ossia a partire da ottobre 2019, i casi gravi registrati sono stati 118, di cui 24 deceduti. Durante la scorsa stagione (2018-19) il bollettino FluNews aveva riportato complessivamente 812 casi gravi di influenza, di cui 205 deceduti. In genere i pazienti che non superano le complicanze dovute alla sindrome influenzale sono persone over 75 e con almeno una malattia preesistente, come diabete, tumore, cardiopatie, malattie respiratorie croniche, obesità. Intanto dall’analisi dell’Iss, rimangono prevalenti i virus di tipo A (68,5%) e in particolare appartenenti al sottotipo A(H3N2).
“Probabilmente non arriveremo agli 8 milioni di casi registrati nel 2018-19, ma oltre i 7 sicuramente sì. Ci aspettavamo qualcosa di meno, si tratta di un’attività abbastanza alta, per il terzo anno consecutivo”, ha spiegato Gianni Rezza, a capo del Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di sanità. Rezza ha sottolineato che ad essere più colpiti sono sempre i bambini che di fatto portano l’influenza in famiglia. Mentre tra gli anziani i contagi sono più bassi, “visto che hanno coperture vaccinali intorno al 53%: ancora basse ma comunque molto più alte rispetto al resto della popolazione, in cui la media è del 15%”.
“Le scuole – ha aggiunto – sono il vero fattore di amplificazione dell’epidemia e quando ci occupiamo di vaccinare gli anziani noi non facciamo una strategia di contenimento”, come invece fanno in altri Paesi vaccinando i più piccoli. “Vaccinare gli anziani non serve a contenere il virus perché non sono loro che sostengono l’epidemia, bensì serve a prevenire in questa fascia della popolazione casi gravi e decessi”.