ROMA – La parola che aleggiava da giorni è stata alla fine pronunciata: l’Oms ha dichiarato che la diffusione del coronavirus è diventata una “pandemia”, che in questa fase sta allungando la sua ombra soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. E che va combattuta con tutte le armi a disposizione, non con “l’allarmante inazione di alcuni Paesi”.
Oltre 110 Paesi coinvolti, 4.500 morti, ad un ritmo che nelle ultime due settimane ha portato ad un aumento dei casi dell’ordine delle 13 volte. Tale velocità di diffusione, secondo l’Oms, “caratterizza il Covid-19 come una pandemia”. Tanto più che “nei giorni e nelle settimane a venire prevediamo un aumento del numero di casi, di morti e di Paesi colpiti”, ha avvertito il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing da Ginevra. Puntando il dito, ancora una volta, contro “l’inazione” di coloro che continuano a prendere questa emergenza sotto gamba.
Così ha rinnovato l’appello, soprattutto ai Paesi dove ancora non c’è il coronavirus o ci sono pochi casi, ad effettuare i test per “impedire che nascano focolai”. Nei giorni scorsi era stato in primo luogo Donald Trump a contestare i dati dell’Oms (“falsi quelli sulla mortalità”, li aveva liquidati) e a minimizzare i rischi, terrorizzato da una frenata dell’economia americana a pochi mesi dalle elezioni. Da questa emergenza però, è la convinzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, si può uscire solo con misure adeguate e da questo punto di vista sono importanti i risultati di 2 dei 4 paesi più colpiti, come la Cina e la Corea del Sud, dove si registra un “significativo declino dell’epidemia”. Quanto all’Iran, “sta facendo del suo meglio ma ha bisogno di sostegno e di equipaggiamento”.
Mentre sull’Italia, ha spiegato Tedros Adhanom Ghebreyesus, “siamo incoraggiati dalle misure aggressive” che potrebbero portare risultati a breve. La parola d’ordine, insomma, è “non arrendersi” e serrare le fila, perché l’epidemia continua a dilagare. In Europa, soprattutto, con oltre 20.000 contagiati. Dalla Germania, dove si contano oltre 1.800 casi, la cancelliera Angela Merkel ha dipinto uno scenario drammatico, cioè che il Covid-19 potrebbe colpire fino al 70% della popolazione. Mentre le autorità sanitarie tedesche hanno avvertito che l’epidemia potrebbe durare “mesi, forse anni”.
In Spagna i contagi sono quadruplicati da domenica, arrivando a duemila e con 47 morti, soprattutto nella regione di Madrid. Non migliora la situazione in Francia, oltre 2.200 casi, e in tutto il Paese si continuano ad annullare eventi pubblici a raffica, mentre il presidente Emmanuel Macron si prepara ad un discorso alla nazione domani sera alla tv. In Gran Bretagna si è registrato un picco di contagi in un giorno solo, 74, tra cui anche la viceministra della Sanità Nadine Dorries.
Il coronavirus infetta sempre più persone anche nel resto dell’Europa. Una situazione che viene monitorata con allarme a Bruxelles: venerdì la Commissione (dove si registrano i primi 4 casi di contagio nello staff) presenterà le linee guida per utilizzare al meglio la flessibilità del patto di stabilità. Prevedendo che in molti ne avranno bisogno, per stanziare risorse aggiuntive nella lotta all’epidemia. Le misure a sostegno dell’economia fanno parte anche della strategia Usa, dove ormai sono stati superati i mille contagi, con 31 morti. Lo Stato di New York, con 212 casi, è quello più colpito. Un’escalation che riaccende gli animi con la Cina, perché secondo la Casa Bianca Pechino non ha gestito nel modo giusto l’epidemia mettendo a tacere i medici. “Probabilmente è costata alla comunità internazionale due mesi” preziosi, ha denunciato senza troppi giri di parole il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien mentre gli Stati Uniti stanno valutando di sconsigliare i viaggi in tutta Europa così come hanno già fatto con l’Italia.
“E’ una pandemia”
L'Oms riconosce la diffusione del coronavirus su scala mondiale: "Allarmante inazione di alcuni Paesi"