ROMA – L’epidemia “sarà lunga e anche a fronte di un calo dei nuovi casi di contagio, il rallentamento delle misure andrebbe fatto con estrema cautela, non sicuramente nell’arco dei prossimi mesi. L’estate potrebbe essere il punto di svolta per lo stop alla misura del rimanere a casa”. A spiegarlo all’Ansa è l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco: “Le misure, a partire dal restare a casa, vanno mantenute fino a quando tutti i focolai sono spenti”. Ora, “le grandi città sono quelle a massimo rischio. Ci aspettiamo un aumento dei casi lì e al Centro-Sud”.
Il “rischio di un ritorno dell’epidemia di Covid-19, anche dopo un periodo di assenza di nuovi casi come per il comune di Vò Euganeo, esiste, ed è alto”. Nel caso di Vò, afferma, “la segnalazione di un nuovo caso, dopo giorni di assenza, potrebbe essere legata ai movimenti o al peso degli asintomatici”. La possibilità che in una comunità, “dopo un’ondata epidemica ed uno stop di casi, possano presentarsi nuovi casi di contagio, esiste. Ciò è accaduto appunto a Vò”, afferma Lopalco.
La causa del ritorno del contagio, precisa, “potrebbe essere rappresentata dai movimenti in entrata o uscita, ad esempio un soggetto positivo venuto da fuori o un cittadino di Vò uscito fuori dall’area del comune e poi rientrato contagiato”. Ma un’altra spiegazione potrebbe essere rappresentata anche dal ruolo cruciale dei soggetti asintomatici: “E’ possibile infatti che soggetti asintomatici abbiano continuato a circolare, creando così una nuova catena di contagio a distanza. Si potrebbe trattare cioè di soggetti asintomatici sfuggiti ai controlli e che hanno attivato una catena di contagi nascosta”. Quanto al fatto di aver effettuato a Vò il tampone a tutti i cittadini, secondo Lopalco ciò può aver rappresentato una “falsa sicurezza”: “Chi è risultato negativo dopo aver fatto il tampone in un determinato giorno, magari è uscito ed ha avuto contati, però quel soggetto potrebbe anche essere stato un asintomatico. Dunque, il test esteso a tutti – conclude – non è una garanzia”.
La situazione, è l’analisi del direttore del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità Gianni Rezza, “è molto pesante, va male. C’è un aumento dei contagi e dei morti”. La curva ‘in salita’ di morti e contagi, afferma, “si spiega probabilmente con il fatto che si stanno ammalando persone che si erano contagiate prima dell’entrata in vigore, lo scorso 9 marzo, delle misure più restrittive con l’indicazione di restare a casa. E successivamente al 9 marzo sono probabilmente continuate delle catene di trasmissione, anche intra-familiari”.
La speranza sta ora proprio nell’effetto che tali misure dovrebbero portare: “Considerando l’andamento, penso però che prima della fine del mese difficilmente si potrà vedere l’impatto in positivo di tali misure”. E vanno poi considerati, aggiunge Rezza, anche “i focolai in varie aree, compreso il Sud, a seguito degli spostamenti di massa dal Nord nelle scorse settimane”. Insomma, che l’epidemia sarà “ancora lunga – sottolinea Rezza – non c’è dubbio. Sarà una guerra lunga, con tante battaglie”. Quanto al picco atteso, La speranza dell’esperto è che “un picco nazionale non ci sia, proprio grazie alle misure in atto”.
“Epidemia lunga, forse svolta in estate”
Gli studiosi: "Ci aspettiamo un aumento dei casi nelle grandi città e al Centro-Sud. Per ora impossibile allentare misure di contenimento"