ROMA – Boss mafiosi detenuti che, per la loro età e condizione di salute, sarebbero stati scarcerati in ossequio alle prescrizioni anticoronavirus che indicano di sfoltire le presenze nelle carceri facendo ricorso a pene alternative. E così, scrive il settimanale L’Espresso, il boss di Cosa nostra Francesco Bonura, di 78 anni, definito da Tommaso Buscetta “un mafioso valoroso”, e Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto esponente della ‘ndrangheta, sono stati posti ai domiciliari per motivi di salute.
Ira del leader della Lega, Matteo Salvini: “Stanno uscendo pericolosi mafiosi. E’ una vergogna nazionale”. Ma il Dap smentisce di aver emanato qualsiasi disposizione riguardante i detenuti al 41 bis: quello che è stato fatto – afferma il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – è “solo un monitoraggio”. Ma il ministero della Giustizia ha comunque avviato “tutte le opportune verifiche e approfondimenti”.
Secondo L’Espresso, i boss al 41 bis possono sfruttare l’emergenza coronavirus per tornare liberi: sarebbero 74, in particolare, quelli nelle condizioni di età e di salute di farlo. Il settimanale cita una circolare del 21 marzo scorso con cui il Dap ha invitato tutti i direttori delle carceri a “comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”, il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se il suo caso rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell’amministrazione penitenziaria e se si tratta di persone anziane.
Matteo Salvini – citando i casi di Bonura e Iannazzo, “ma potrebbe uscire anche Nitto Santapaola”, dice – parla di “vergogna nazionale. E’ un insulto alle vittime dei caduti della mafia. La pazienza è esaurita. Io non ci sto. Una vergogna che va fermata dentro e fuori il Parlamento”, aggiunge. E poi si appella al Colle: “Ricordo che il presidente Mattarella l’ha pagata sulla sua pelle la lotta alla mafia. Non è possibile che escano i mafiosi”.
In una nota, il Dap precisa di non aver diramato “alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’art. 41 bis. Quella inviata il 21 marzo scorso agli istituti penitenziari è una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età”.
Secondo il Dap si tratta di “un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni. Le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria”. Il ministero della Giustizia, dal canto suo, ha “attivato gli uffici per fare le tutte le opportune verifiche e approfondimenti”.
L’avvocato Giovanni Di Benedetto, legale del boss Francesco Bonura, interviene sulla decisione del tribunale di sorveglianza di Milano e parla di una scarcerazione legata a gravi motivi di salute e non all’emergenza coronavirus.
“Ho letto e sentito sulla vicenda Bonura affermazioni improprie e strumentali che obliterano il caso concreto – dice l’avvocato Di Benedetto -. A fronte di una condanna pari a 18 anni e 8 mesi a Bonura restano da scontare, considerati i maturandi giorni di liberazione anticipata, meno di 9 mesi di carcere. Nel contesto della lunga carcerazione il Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l’età (Bonura ha 78 anni) e i rischi a cui lo stesso, vieppiù a Milano, era esposto per il coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione de differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario”.
“Del tutto errato è altresì il riferimento al recente decreto ‘Cura Italia’ – conclude il legale – che non si applica al caso di specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa. Ogni vicenda va affrontata nel suo particolare altrimenti si rischia di scadere in perniciose e inopportune generalizzazioni che alterano la realtà”.
Non sono ancora noti invece i motivi della scarcerazione di un altro mafioso: Pino Sansone, anche lui imprenditore, tra i nuovi vertici della mafia del dopo Riina. Il tribunale del Riesame di Palermo non li ha ancora depositati. Nell’istanza dei suoi avvocati si faceva riferimento all’età avanzata del boss, che è in custodia cautelare e non in espiazione pena, e ai suoi problemi di salute che potrebbero aggravare i rischi che contragga il coronavirus. Ai domiciliari infine anche il mafioso monrealese Santo Porpora che ha anche beneficiato di uno sconto di pena, secondo quanto pubblica oggi il “Giornale di Sicilia”, per il “trattamento inumano” sofferto in carcere.
Boss scarcerati perché a rischio coronavirus. Il Dap smentisce: “Solo un monitoraggio”
La notizia su L'Espresso: per età e condizioni di salute pene alternative per alcuni capimafia. L'ira di Salvini: "Potrebbe uscire anche Nitto Santapaola, una vergogna". Il ministero avvia le verifiche