Continuano a levarsi voci critiche in Sicilia nei confronti dell’ultimo Dpcm sull’emergenza coronavirus. Le amministrazioni comunali, in particolare, restano in forte disaccordo con le misure annunciate dal premier Conte.
Su proposta del sindaco, Giacomo Tranchida, e dell’assessore agli Affari legali, Dario Safina, l’amministrazione comunale di Trapani ha conferito all’ufficio legale dell’ente l’incarico di impugnare il Dpcm del 26 aprile 2020, con il quale, tra l’altro, viene prorogata la chiusura delle attività commerciali, artigianali e dei servizi.
“La scelta d’impugnare il Dpcm del 26 aprile 2020 – precisa l’assessore Safina – parte da due presupposti importanti: il primo attiene alla constatazione che nelle ultime settimane, in Sicilia e in provincia di Trapani, si registra una diminuzione sensibile della diffusione del virus e l’assenza di una pressione sul nostro sistema sanitario, ovviamente ciò grazie alla compostezza dei cittadini e l’abnegazione del personale sanitario; il secondo attiene alla grave situazione economica in cui si trovano gli imprenditori dei settori interessati che costituiscono la fonte principale di sostentamento nonché il motore dell’economia trapanese”.
Il sindaco Tranchida afferma che “le scelte governative devono contemplare misure adeguate alla reale situazione, non è apprezzabile la scelta di chi tratta tutti nella stessa maniera, quando la situazione è totalmente diversa. Con il ricorso si vuole proprio che il governo prenda atto della situazione del contagio in cui versano le diverse realtà regionali e agisca nel rispetto di una comunità che spesso vive il disagio dell’isolamento fisico e sociale dell’Isola spesso dimenticata affidando ai sindaci la responsabilita’ di tutelare la salute non solo fisica dei propri cittadini e imprenditori”.
Ribadisce toni critici anche il Comune di Messina per bocca del sindaco De Luca: “Il nuovo provvedimento governativo ha fatto scalpore perché è figlio del ‘vorrei ma non posso’, grazie a una decisione non presa. Proprio in relazione a questo, noi del comune di Messina abbiamo invece deciso di decidere. A Conte dico che non ci stiamo. Non accetto il Dpcm entrato in vigore con queste scadenze scriteriate. Già da domani dunque porterò avanti il lavoro che non è stato fatto. Se serve, sono pronto anche a rischiare di essere dichiarato decaduto dalla carica di sindaco, ma comunque, visto che non lo fa Musumeci, chiederò a Conte di rimangiarsi la porcheria che ha servito agli italiani il 26 di aprile, non differenziando le misure per le varie regioni”.
“Bisogna prendere atto – spiega – della diffusione epidemiologica su tutto il territorio nazionale:il 70% è concentrato su quattro regioni del Nord. C’è una chiara distinzione territoriale che deve essere presa in considerazione. Quindi, alla luce di ciò, occorrono norme restrittive al centro-nord (in particolare Lombardia e Piemonte) e più flessibili per le regioni del sud, in cui il contagio è sotto la media nazionale, stabilendo comunque il criterio di libertà vigilata”. “Se infatti fossi io il Presidente del Consiglio – aggiunge – autorizzerei i sindaci a fare accordi con i commercianti affinché non solo sia dato gratuitamente il suolo pubblico ma consentirei anche l’istallazione di bagni chimici uomo/donna in modo tale che si possano garantire le condizioni igienico-sanitarie, in deroga alle norme previste dai regolamenti”. Per De Luca “servono dunque protocolli specifici che comunque garantiscano le aperture”.
Fase 2: i Comuni siciliani non ci stanno
L'amministrazione di Trapani impugna l'ultimo Dpcm. A Messina De Luca insiste: "Una porcheria"