ROMA – “Siamo in una fase di rallentamento dei casi ma la discesa sarà lenta: ci vorranno infatti una o due settimane per vedere l’indice di contagio R con zero sotto il valore 1 e assistere quindi ad un calo chiaro dei casi”. A fare il punto della situazione sull’emergenza coronavirus è il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco, a Rainews24. Comunque, “finché non ci sarà un vaccino, si auspica entro un anno, non ci potremo liberare dal nuovo coronavirus”.
Il SarsCov2, ha spiegato Pregliasco, “ci ha spiazzato per l’alta quota di asintomatici e per la facilità della trasmissione. Quindi, finché non ci sarà un vaccino disponibile, non ci potremo liberare di questo virus. Attualmente ci sono 12 vaccini in corsa per la validazione e si spera entro un anno di avere la disponibilità di un vaccino per l’immunizzazione”.
Di fatto, prima che ciò accada, “potremo avere delle ondate di ripresa epidemica tra i soggetti non immunizzati. Speriamo in un paio di mesi di poter procedere alla riapertura del Paese ma – conclude l’esperto – sarà necessaria grandissima attenzione”.
La riapertura del paese “dovrà essere molto segmentata per non inficiare i risultati ottenuti finora, ma assolutamente non potrà essere dal 14 aprile”, ha spiegato Pregliasco. Le modalità restrittive, ha sottolineato, “vanno mantenute e la riapertura va segmentata: prima le fabbriche, ma con precise modalità di sicurezza, le altre attività non essenziali dopo ed anche gli anziani ritengo che dovranno rispettare l’isolamento più a lungo”.
Si potrebbe pensare, ha proseguito, anche ad una “riapertura per Regioni, partendo da quelle che hanno casi limitati, ma fondamentale sarà gestire i due nuovi fronti che sono rappresentati dalle residenze per anziani ed i contagi intra-familiari”. Importante ora, ha rilevato Pregliasco, “è individuare ogni eventuale singolo caso per spegnere ogni probabile focolaio sin dall’inizio perché, purtroppo, potrebbe esserci una ripresa. Fondamentale diventerà pure l’uso delle mascherine per i cittadini e si dovrà continuare a rispettare la distanza di sicurezza”.
“Anche se non c’è ancora una validazione nazionale, credo valga la pena di cominciare ad usare i test rapidi sierologici per gruppi di popolazione”. Ciò, spiega, “per avviare un’indagine epidemiologica e per monitorare la diffusione dell’epidemia a livello locale. Non sappiamo ancora molto in merito all’immunità al SarsCov2 ma sulla base delle conoscenze relative al virus Sars del 2001 è stato evidenziato lo sviluppo di immunoglobuline della memoria e una certa immunità, almeno per alcuni anni, si dovrebbe mantenere”.
Ma per i test rapidi sierologici che rilevano gli anticorpi, ha detto, “non c’è ancora una completa sicurezza rispetto al rischio di falsi positivi e negativi. E’ necessaria dunque una validazione a livello nazionale”. Nel frattempo però, ha concluso, “vale la pena cominciare a utilizzarli per gruppi mirati, al partire dai sanitari”.
“Senza vaccino non se ne esce”
I virologi: "Per un calo chiaro dei casi serviranno 1-2 settimane, entro l'anno contiamo in soluzione per immunizzazione"