Il plasma dei guariti dal coronavirus, ricco di anticorpi, come cura per i malati gravi. La notizia era stata battuta dalle agenzie alla fine di marzo, con l’annuncio che gli ospedali di Mantova e Pavia si ponevano come capofila della pratica che risale ai tempi della Spagnola, cioè 100 anni fa, con successivi ricorsi anche in tempi più recenti.
Da lì in poi c’è stato quasi il silenzio del mondo scientifico che si avvicendava nei salotti più noti delle televisioni nazionali, su una pratica che, prima di essere definita interessante dall’Iss, è dovuta passare attraverso la delegittimazione dei suoi sostenitori e la messa in dubbio della sicurezza del plasma, per poi arrivare a sostenere, come recentemente fatto da Roberto Burioni, che sarebbe auspicabile la creazione di un plasma sintetico.
Sui social è arrivato compatto il sostegno a Giuseppe De Donno, primario del reparto di Pneumologia dell’ospedale di Mantova, così come a Giulio Tarro, il virologo di fama internazionale che considera il plasma iperimmune l’unico vero rimedio per i malati gravi.
Sono nati gruppi a tema, dove, come spesso in queste occasioni, si rischia di imbattersi anche in notizie che sarebbe sempre importante verificare, come quella relativa a un’incursione dei Nas all’ospedale di Mantova, che lo stesso De Donno ci smentisce al telefono: “Se i Nas fossero venuti sarei stato il primo a renderlo noto”.
Il plasma, per De Donno “è democratico perché appartiene al popolo. Probabilmente a qualcuno non piacerà – ha aggiunto – ma è il più grande gesto di solidarietà”, per altro a costo zero. “Siamo riusciti a Mantova, insieme con Pavia, a realizzare questa sperimentazione che è molto seria. Abbiamo cercato di trovare un’arma magica – spiega – che ci permettesse di salvare più persone possibili. Non abbiamo mai detto di aver creato qualcosa di nuovo, abbiamo perfezionato un’idea che già esisteva”.
Il protocollo, sottolinea, “è ambiziosissimo. Tra Mantova e Pavia abbiamo trattato quasi 80 pazienti col plasma. Di tutti questi pazienti, che avevano problemi respiratori gravi ma non gravissimi, nessuno è deceduto, la mortalità del nostro protocollo finora è zero”.
I donatori, precisa, “devono avere delle caratteristiche fondamentali: devono essere donatori guariti da coronavirus. La guarigione viene accertata con due tamponi sequenziali e la diagnosi deve essere stata fatta con un tampone positivo. Questi donatori guariti ci donano 600 ml di sangue”. Adesso però, “ogni volta dobbiamo chiedere l’autorizzazione al Comitato etico e questo – afferma – è un impedimento enorme perché ci fa perdere tempo prezioso per salvare le persone”.
Il plasma, chiarisce, “può essere congelato e durare fino a 6 mesi in stoccaggio, per questo a Mantova abbiamo creato una banca del plasma. Riusciamo anche ad aiutare altri ospedali che ci stanno chiedendo aiuto. Creando banche plasma in giro per l’Italia – conclude De Donno – riusciremmo ad arginare un’eventuale seconda ondata dell’epidemia di Covid-19”.
Sulla Sicilia il professor De Donno è molto ottimista: “Penso che il governo della Regione abbia lavorato bene, rendendo l’isola una ‘zona bianca’, ma qualora nei vostri ospedali si decidesse di adottare la terapia del plasma, in attesa della creazione di una vostra banca donatori, noi riusciremmo a coprire le vostre esigenze”.
“Abbiamo la cura per il Covid a costo zero, ma siamo stati denigrati e ostacolati”
di Roberta Lunghi. Il primario di Mantova: "Col plasma ottimi risultati, ma a qualcuno non piace. Sicilia zona bianca" VIDEO