PADOVA – La quarantena, terminata nella versione più restrittiva il 4 maggio, ha comportato un grande cambiamento nelle abitudini di vita degli italiani. E’ quanto emerge da uno studio dell’università di Padova.
Il confinamento – secondo la ricerca -, se da un lato è stato essenziale per ridurre il numero di contagi, ha avuto un grande impatto (psicologico, economico e sociale) riducendo la qualità della vita delle persone e mettendo a rischio la salute psico-fisica di molti individui.
Nicola Cellini del Dipartimento di Psicologia generale dell’università di Padova ha analizzato la qualità del sonno in un campione di 1.310 persone tra i 18 e 35 anni ponendo a confronto la settimana 17-23 marzo (la seconda di lockdown completo) e la prima di febbraio (dall’1 al 7, cioè sette giorni in cui non vi era alcun tipo di restrizione sul territorio italiano).
Dallo studio pubblicato sulla rivista ufficiale della European sleep research society è emerso che la ridotta attività fisica e la scarsa esposizione alla luce solare, l’assenza di attività sociali, le paure per il contagio e per la situazione economica, il cambiamento di vita familiare hanno portato a un peggioramento della qualità del sonno, un netto cambiamento nei ritmi sonno-veglia, un incremento nell’uso dei media digitali e a una distorta percezione del tempo che scorre.
“Lo studio ha messo in luce dati allarmanti sulla salute mentale – rileva Cellini -: il 24.2% (24.95% dei lavoratori, 23.73% degli studenti) del nostro campione ha mostrato sintomi da moderati a estremamente severi di depressione, il 32.6% di ansia e uno su due (49.47% dei lavoratori, 51.6% degli studenti) sintomi di stress. Abbiamo inoltre evidenziato un grande cambiamento nel ritmo sonno-veglia; vi è un dato identico sull’orario in cui il campione va a dormire mentre si è registrato che i lavoratori si sono svegliati molto più tardi durante il lockdown”.
Altri studi resi noti sulla rivista Lancet PsychiatryDelirio hanno invece evidenziato stato confusionale e agitazione sono sintomi comuni del coronavirus, nei pazienti ricoverati, specie se hanno sviluppato la sindrome Covid in forma grave, ma ancora poco si sa sugli effetti a breve e lungo termine del nuovo coronavirus sulla salute mentale degli altri pazienti.
E’ emerso da una revisione sistematica di oltre 70 studi, i cui risultati sono stati e hanno riguardato complessivamente dati relativi a oltre 3.550 pazienti colpiti dal Sars-CoV-2 e per confronto dal virus della Sars e dal virus della Mers in passato.
Diretto da Jonathan Rogers, del Wellcome Turst presso la University College London, lo studio offre una visione ancora molto preliminare di quello che può essere il reale impatto del nuovo coronavirus sulla salute mentale dei pazienti.
Stando a quanto riscontrato durante la Sars e la Mers, non è escluso che anche con la sindrome Covid i pazienti siano esposti al rischio di sintomi d’ansia, cali di memoria, sintomi depressivi, e anche da stress post-traumatico a breve e lungo termine. Gli esperti ipotizzano che il virus Sars-CoV-2 possa impattare sulla salute mentale in maniera diretta con diverse modalità: può infettare il sistema nervoso centrale, può danneggiarlo come conseguenza della carenza di ossigeno cui i pazienti gravi vanno incontro, può danneggiarlo attraverso la reazione immunitaria scatenata dal virus.
Il Covid ci ha cambiato il sonno e l’umore
Studio italiano: "Distorta percezione del tempo". Delirio e agitazione tra i sintomi di chi è contagiato