Nella coercizione televisiva del momento, vedere la ripartizione dei Covid di Donatello (felicissima battuta di Benigni) ci ha portato ad affrontare improvvisamente la realtà: il cinema italiano produce cinque film all’anno. E’ un’incredibile fortuna, perché giusto giusto per ogni statuetta da assegnare ci vogliono proprio cinque “nominazioni” (copyright dell’italianista a tutti i costi Valeria Bruni Tedeschi).
E così Il primo re, 5 è il numero perfetto (non a caso), Martin Eden, Il traditore e Pinocchio sono diventati un tutt’uno come Zoff, Gentile, Cabrini… Gli unici trascurabilissimi inconvenienti di questa iper-candidata cinquina sono il discutibile valore artistico della medesima ma soprattutto la scarsa considerazione per i ruoli femminili. Tanto che nella rigida separazione tra premi per uomini e premi per donne, a ben pensarci ormai superabile, il nostro cinema ha affrontato lo scandalo di dover tirare in ballo altri due film.
Peccato che sia la vincitrice del David per la migliore attrice, Jasmine Trinca, sia la nominata Isabella Ragonese non fossero affatto protagoniste ma soltanto comprimarie dei rispettivi La dea fortuna e Mio fratello rincorre i dinosauri.
Tutto questo potrebbe confermare il dubbio affiorato negli ultimi 40 anni sulla pochezza del panorama interno lordo. E benché i partecipanti da casa ribadissero con una certa frequenza il desiderio di riprendere a lavorare, poteva anche sfiorarci il pensiero che forse non è così indispensabile che si affrettino.
A vincere i premi è stato l’osannatissimo Il traditore, un film affossato dalla fiacchezza e dalla completa mancanza di personalità del Buscetta faviniano. Ma almeno un dettaglio incoraggiante, oltre alla liberatoria assenza degli applausi, è saltato fuori: quasi tutti gli attori e i registi non hanno preteso di farci credere che sono dei gran lettori, piazzando la solita libreria da collegamento alle loro spalle. A parte il caso del ministro Franceschini, che ha tenuto a mostrarci che lui legge, come sfondo quasi esclusivamente pareti bianche. Addirittura dietro Luigi Lo Cascio un lenzuolo, il massimo della purezza. Sarà per questo che si chiamano candidati?
La grande tristezza dei Covid di Donatello
di Emanuele Grosso. Pochi film ma brutti: metti una sera a casa con il cinema italiano