REGGIO CALABRIA – “Presidente io con questo processo non ho nulla a che vedere, non c’entro”. Queste le parole in videoconferenza dell’ex boss di Cosa nostra Nicola Mandalà, oggi collaboratore di giustizia, nel processo “‘Ndrangheta stragista” davanti alla Corte d’assise di Reggio Calabria, processo in cui sono imputati Giuseppe Graviano, ex capo mandamento del quartiere palermitano di Brancaccio, e Rocco Santo Filippone, accusati di essere i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi nel gennaio del 1994 lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi di Scilla.
Mandalà, secondo quanto emerso dalle indagini sulla trattativa Stato-mafia condotte dalla Procura di Palermo, avrebbe riferito al boss Giuseppe Lo Verso, anch’egli pentitosi, che “ormai avevamo nelle mani Marcello Dell’Utri, Renato Schifani e Saverio Romano”, esponenti di primo piano di Forza Italia.
La testimonianza di Mandalà era stata chiesta dall’avvocato Francesco Aloisio, difensore di Graviano, che ha cercato di avere notizie e particolari ancora non emersi sull’assassinio di Michele Graviano, padre di Giuseppe, ucciso nel 1982 da Gaetano Grado su mandato dei boss palermitani che si opponevano all’ascesa dei corleonesi, gruppo in cui militavano i Graviano.
Una deposizione ben presto conclusa dall’ intervento del presidente della Corte d’assise Ornella Pastore, visto il tenore evasivo delle risposte del Mandalà che ha negato continuamente di conoscere particolari dell’omicidio di Michele Graviano e se Totuccio Contorno avesse avuto un ruolo nella vicenda.
Nel corso dell’udienza il pm Giuseppe Lombardo, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, ha inoltre depositato un’informativa, mai approfondita in altri dibattimenti, prodotta dagli investigatori dell’antiterrorismo in cui si segnalava nel 1994 la presenza in un albergo di Roma, in vista di una convention di Forza Italia, di Marcello Dell’Utri e di alcuni mafiosi siciliani e calabresi – circostanza confermata dai dipendenti dell’albergo – tra i quali il pentito Gaspare Spatuzza, autoaccusatosi di quaranta omicidi, e lo stesso Graviano, suo capo mandamento.
Le stesse persone erano state segnalate mentre si trovavano in un noto bar di Roma per discutere dell’organizzazione dell’attentato, poi fallito per un malfunzionamento del telecomando, contro i carabinieri in servizio durante un incontro di calcio allo stadio Olimpico di Roma il 23 gennaio del 1994. Il processo riprenderà il 12 maggio.
“La mafia aveva in mano Forza Italia”
A Reggio Calabria la deposizione del pentito Mandalà. Dell'Utri avrebbe incontrato boss e killer prima di una convention