Sono 12.738 le imprese nate in Sicilia nei primi sei mesi del 2020, circa 1.993 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A fronte di questo 12.144 imprese hanno chiuso i battenti, 982 in meno rispetto al 2019. Tutto ciò determina 594 imprese in più nei primi sei mesi del 2020 contro un saldo positivo di 1.605 imprese nello stesso semestre del 2019.
E’ quanto emerge della fotografia scattata dal Centro Studi di Unimpresa Sicilia, attraverso una analisi dei dati di Infocamere e della Banca D’Italia. Il bilancio della nati-mortalità delle imprese tra gennaio e giugno di quest’anno, anche se positivo, comincia a risentire delle restrizioni seguite all’emergenza Covid e rappresenta un saldo positivo inferiore rispetto allo stesso arco temporale del 2019.
Si tratta di un dato che però si riflette negativamente anche a livello settoriale, per il commercio, per il turismo, per l’industria, per l’edilizia, per i trasporti e per le agenzie di viaggi. Gli effetti conseguenti allo stato di eccezionalità in cui l’economia reale si sta muovendo appesantiscono il risultato di un bilancio dei primi sei mesi dell’anno.
In netto calo sia le iscrizioni che, in misura minore, le cessazioni.
Guardando la geografia siciliana delle imprese, Catania si colloca al primo posto come saldo positivo, seguita da Agrigento, Ragusa e Messina. Preoccupa il saldo negativo di Palermo che passa da + 911 del primo semestre 2019 a -89 dello stesso periodo del 2020.
Il commercio registra in Sicilia un saldo negativo di 1.962 unità, ma soprattutto mancano nei primi sei mesi dell’anno 3.816 imprese ( oltre il 31% del totale cessazioni ); ovvero hanno chiuso i battenti 21 imprese al giorno. Palermo registra per il settore commercio il saldo negativo più importante ( – 686 imprese ), seguita da Catania, Messina e Siracusa.
Anche se il saldo complessivo in Sicilia risulta essere positivo – afferma il presidente di Unimpresa Sicilia Salvo Politino – per i settori del Commercio, dell’Industria, del Turismo, dei Trasporti e delle Agenzie di Viaggio, si registra un saldo negativo, con una diminuzione delle cessazioni, fatta eccezione per settore turismo. Probabilmente gli effetti della pandemia si sono fatti sentire parzialmente e permane in Sicilia la voglia di fare impresa e di ripartire. Gli effetti reali dell’emergenza Covid inizieranno a vedersi tra settembre e dicembre del 2020, con l’auspicio di una ripresa regolare senza ulteriori ricadute.
Nei primi sei mesi del 2020 in Sicilia si sono registrati 80 mila contratti di lavoro in meno. “Le misure adottate dal governo nazionale – aggiunge Politino – non hanno prodotto finora risultati. Siamo fortemente preoccupati per i settori del commercio e del turismo che in Sicilia, sono particolarmente esposti alle cause della Pandemia.
Secondo il rapporto della Banca D’Italia tra metà Marzo e metà Maggio il Covid ha determinato un calo della domanda interna e più di un’azienda su quattro ha segnalato problemi di liquidità o alla struttura finanziaria. Per fare fronte alla crisi le aziende hanno fatto ricorso alle politiche del personale ( variazione del numero dei dipendenti, dell’orario di lavoro, rotazione del personale, smart working, cig , ecc) e soprattutto il posticipo dei pagamenti ai clienti o ai fornitori.
Il settore del turismo risulta essere quello che ha più risentito della pandemia, alla luce delle limitazioni sulle circolazioni tra regioni e soprattutto per la forte dipendenza dalla presenza di turisti stranieri. Il rispetto del distanziamento sociale e i costi sostenuti per l’adeguamento delle strutture e la fiducia limitati dei viaggiatori hanno ulteriormente aggravato il già precario bilancio finanziario delle imprese del settore.
Basti pensare che il traffico aereo nei primi 4 mesi dell’anno è diminuito di oltre la metà rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; secondo i dati Anas nei mesi di marzo e aprile sulle strade e autostrade siciliane il traffico veicolare, rispetto agli stessi periodo dell’anno scorso, ha avuto una calo del 53 per cento e del 74 per cento.
“Le misure restrittive adottate per fronteggiare la pandemia – aggiunge Politino – hanno determinato per le aziende siciliane una perdita di redditività e una crisi di liquidità. Le aziende hanno dovuto subire un forte stress finanziario. Le imprese con la sospensione delle attività hanno da un lato dovuto rinunciare ai ricavi del periodo e dall’altro oggi sono chiamate a fare fronte a una serie di costi per la cosiddetta fase 2 ovvero della ripartenza, attingendo a mezzi propri o a nuove linee di credito con gli istituti bancari e quindi a un nuovo indebitamento”.
Secondo i dati della Banca d’Italia in Sicilia il 24,1 per cento delle imprese è risultato a rischio di illiquidità, con un valore superiore alla media nazionale pari al 21,5 per cento e del Mezzogiorno pari al 22,4 per cento. La quota di imprese a rischio di illiquidità risulta essere più elevata nel settore del terziario con un 27,7 per cento; il livello massimo si raggiunge nel settore dell’alloggio e della ristorazione con un 33,3 per cento.
Secondo il rating attribuito da Cerved il 32,8 per cento delle imprese in Sicilia vengono classificate rischiose ( il doppio delle sicure ). Tra le province si evidenzia il livello minimo di Catania con il 21,6 per cento e il livello massimo di Trapani con il 29,6 per cento.
Imprese, il Covid fa male ma non troppo: Catania ha il saldo più positivo, Palermo giù
Unimpresa Sicilia: +594 aziende regionali nel primo semestre (l'anno scorso +1.605), il turismo il settore più penalizzato I DATI