CATANIA – I carabinieri hanno eseguito a Catania, Milano e Lecce, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip nei confronti di 21 persone, indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e lesioni pluriaggravate, con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine ha consentito di delineare la posizione apicale di Benedetto La Motta, 62 anni, secondo le indagini referente per la zona di Riposto della famiglia di Cosa nostra catanese dei Santapaola-Ercolano, nonché quella dei suoi più fedeli collaboratori tra i quali il 76enne Antonino Marano, noto come il “killer delle carceri”.
Le indagini hanno consentito di documentare le intimidazioni e i pestaggi commessi dagli indagati finalizzati a imporre il controllo mafioso del territorio. Peraltro alcuni degli odierni indagati erano già stati individuati quali mandanti e autori dell’omicidio del giovane Dario Chiappone commesso nell’ottobre del 2016.
Nel mirino degli investigatori anche la gestione delle piazze di spaccio: documentata un’attività svolta 24 ore su 24, con venditori al dettaglio articolati in turni. Sono stati identificati gli indagati che si occupavano dell’approvvigionamento della droga, del loro occultamento, confezionamento e di rifornire regolarmente gli spacciatori. L’incasso giornaliero complessivo dell’organizzazione è quantificabile in diverse migliaia di euro al giorno.
La direzione e gestione del clan era riconducibile a La Motta, capo della frangia santapaoliana operante su Riposto, detto “Benito”, 62enne, pluripregiudicato, indicato da più pentiti come referente del clan catanese, coadiuvato da alcuni fedelissimi, tra i quali il noto “killer delle carceri” Antonino Marano, che dopo la sua lunga detenzione, durata circa 47 anni, scarcerato nel dicembre 2014, si è rimesso subito in gioco affiliandosi al clan. Proprio questi due sono stati recentemente colpiti da ordine di custodia cautelare in carcere per l’efferato omicidio di Dario Chiappone.
La gestione del mercato della droga era affidata agli uomini di fiducia che si occupavano di reclutare i pusher, fornirli di telefoni cellulari e motorini elettrici e corrispondere loro circa 250 euro a settimana quale compenso. Emersa anche una serie di attività estorsive ai danni di diversi esercizi commerciali di Giarre e Riposto, le cui parti offese non hanno mai denunciato le vessazioni subite.
Dopo l’arresto di La Motta nel dicembre 2017, le attività del clan non si sono interrotte: anzi, al posto di La Motta, è subentrata la moglie Grazia Messina, la quale, sino alla successiva scarcerazione (nel giugno 2018) non solo riceveva i proventi delle estorsioni, ma dimostrava di saper amministrare anche la giustizia criminale quando, in occasione di una rapina avvenuta ai danni di un esercizio commerciale sottoposto al pizzo, ha commissionato il pestaggio di uno dei rapinatori, proprio per non dare segni di debolezza.
L’operazione si inserisce nell’ambito di una precisa attività di contrasto avviata nei confronti della famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano sia nel capoluogo sia in provincia, attraverso l’impiego delle componenti investigative altamente specializzate per il contrasto alle infiltrazioni del sodalizio nel settore delle attività economiche, nonché delle compagnie dell’Arma per la disarticolazione di gruppi mafiosi.
GLI ARRESTATI. Gli indagati sono Giovanni Bonaccorso, inteso “u ciasco”, 46 anni di Riposto; Abedelmajid Boualloucha, inteso “macido”, 21 anni di Giarre; Giuseppe Campo, “fantino”, 46 anni di Riposto; Ornella Cartia, 68 anni di Castiglione di Sicilia; Paolo Castorina, inteso“spiddo”, 37 anni di Giarre; Giancarlo Leonardo Cucè, inteso “Leo”, 42 anni di Catania; Benedetto La Motta, inteso “Benito”, “Iddu”, “patrozzo” e “zio”, 62 anni di Riposto (già detenuto); Andrea La Spina, 37enne di Giarre, inteso “bassotto” e “turchino”; Graziano Leotta, 52 anni di Riposto; Cateno Mancuso, inteso “tino ciuffo”, 39 anni di Riposto; Massimiliano Mancuso, inteso “Massimo o Massimitto”, 25 anni di Giarre; Antonino Marano, inteso “u vecchio” o “zu Nino”, 76 anni di Mascali (già detenuto); Salvatore Marletta, inteso “Turi di Palagonia”, 47 anni di Palagonia (già detenuto); Grazia Messina intesa “Idda” o “patrozza” o “la zia”, 58 anni di Riposto; Davide Patanè, inteso “zappitta”, 28 anni di Giarre; Salvatore Patanè, inteso “zappa-zappitta”, 49 anni di Mascali; Liborio Previti, inteso “u tignusu”, catanese di 39 anni (già detenuto); Giovanni Russo, inteso “u grossu”, 31 anni di Acireale (già detenuto ai domiciliari); Andrea Sapienza inteso “Andrea mito”, 46 anni di Giarre (già detenuto); Agatino Tuccio inteso “Tino” o “Catino”, 54 anni di Giarre (già detenuto) e Gaetano Zammataro inteso “fasola”, 33 anni di Catania.
Dei 22 destinatari del provvedimento, 14 sono stati portati nelle case circondariali di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Milano e Lecce, ad altri 7 indagati il provvedimento è stato notificato nelle carceri dove sono già detenuti, mentre per un indagato, attualmente localizzato all’estero, è stata avviata la procedura per la richiesta di M.A.E.