Con la Sicilia in zona gialla si riaprono i ristoranti, ma forse non del tutto. Il decreto del ministro della Salute Roberto Speranza allenta le misure in vigore fino a oggi ma non chiarisce ancora come i ristoratori si dovranno comportare durante le feste di Natale.
La Sicilia in zona gialla, insomma, non fa gioire i ristoratori siciliani, che tra mille difficoltà devono con fatica ripartire per l’ennesima volta e con tante incertezze provocate da una politica che non manda linee direttive chiare e precise.
“Dobbiamo attendere il comitato tecnico scientifico, siamo schiavi della lentezza burocratica che contraddistingue, dal primo momento della crisi Covid-19, il modus operandi della politica sia regionale che nazionale – lamenta Giovanni Trimboli, presidente provinciale dei ristoratori Fipe Confcommercio -. Le incertezze sui provvedimenti che dovremo adottare per le festività, pranzo di Natale sì, cenone no, non ci consentono di fare alcuna programmazione. Questo è l’ennesimo teatrino che la politica ha messo in atto per il mese di dicembre”.
Prepararsi alla riapertura richiede tempo, organizzazione. Inoltre, fanno notare i ristoratori, le stesse regole non possono valere per ristoranti e bar. Attività che svolgono i loro servizi in modo molto differente.
“Rimettere in moto un ristorante dopo un mese di chiusura forzata, fare tornare al lavoro il personale da un giorno all’altro (demotivato perché ad oggi non ha percepito la disoccupazione in deroga di settembre), senza certezza di incassi e senza sapere se in grado di potere pagare gli stipendi, non è per niente facile – spiega ancora Trimboli -. Ci vogliono risorse economiche non indifferenti e soprattutto, con i numeri dei contagiati e dei deceduti in aumento, la paura che si torni alla chiusura non fa dormire sonni tranquilli. C’è poi da differenziare i provvedimenti riguardo il mondo della somministrazione: le esigenze e le problematiche dei ristoratori e dei titolari dei bar sono profondamente diverse. A cominciare dagli orari in cui si svolge l’attività. Al ristorante si va a spendere il proprio tempo libero soprattutto nelle ore serali. Il ristoratore non lavora di giorno perché abbiamo constatato che il delivery non è praticato e lo smart working ha ridotto di gran lunga l’utenza”.
Capitolo ristori, bonus, aiuti. La maggior parte non ha visto un euro. E anche su questo si sfoga il presidente dei ristoratori della Fipe Confcommercio: “La gran parte dei ristoratori non ha ricevuto nulla, aspettano ancora i ristori. Per non parlare dei fondi del bonus Sicilia che è stato una catastrofe. Hanno intaccato un settore, quello della eno-gastronomia, che era il fiore all’occhiello del Bel Paese. Molti di noi con queste incertezze non apriranno le attività perché non conviene. Stiamo valutando, se non avremo notizie certe, insieme alle altre province siciliane, di organizzare una forma di protesta perché non ci riteniamo dei burattini”.
“Così non si agevola l’economia, sapendo che a gennaio potremmo tornare in piena emergenza. Hanno sbagliato tutto, anche a calcolare il rimborso solo su un mese di incasso, bisognava farlo su tutto l’anno lavorativo. I problemi restano sempre quelli, gli affitti da pagare e soprattutto le utenze che continuano ad arrivare piene di tasse pur restando chiusi, e certo non per colpa nostra. Questa apertura assomiglia a un contentino, un “sei politico”, ci sentiamo in bilico giudicati da una classe politica inadeguata. Parlare con il presidente Musumeci, avere un confronto è diventata una missione impossibile, la politica a tutti i livelli ha perso il contatto con il territorio. Le belle parole, i sorrisini e le promesse, spesso mancate, non funzionano più. Ci sono a rischio migliaia di posti di lavoro e di imprese che non alzeranno più le loro saracinesche. Quella della riapertura, che per l’opinione pubblica potrebbe passare come un messaggio positivo, alla fine non è altro che una catastrofe annunciata”, conclude Trimboli.