CATANIA – “I ristoratori vogliono poter continuare a lavorare non per mettere a rischio la salute dei cittadini, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro del Paese e non accettano la fastidiosa distinzione tra attività essenziali e non essenziali”: è un fiume in piena Giovanni Trimboli, presidente provinciale dei ristoratori della Fipe- Confcommercio di Catania.
“Tutte le imprese sono essenziali quando producono reddito, occupazione e servizi e tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati, come abbiamo fatto noi sin dal primo momento – afferma Giovanni Trimboli – perciò è inconcepibile questo accanimento nei confronti del settore della somministrazione da parte del Governo. Questi provvedimenti offendono i ristoratori che non sono abituati a vivere alla giornata come vuole il Governo, ma a programmare il lavoro ed i loro investimenti, chiusi da una politica che ha perso credibilità e capacità di funzionamento perché evidentemente considerati attività insicure ed irresponsabili. Nonostante i tanti controlli effettuati sulle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione, secondo i dati del ministero degli Interni.
Questo continuo aprire e chiudere sta devastando un settore che insolubilmente resta il lavoro artigianale tramandato da generazioni con più storia nel nostro territorio. La sola attività di delivery concessa in questi giorni di festa non aiuterà a coprire neanche il 50% delle spese correnti. Se il riferimento dev’essere il modello tedesco, più volte invocato per giustificare le misure restrittive da parte del Governo, allora anche i ristori dovrebbero essere ispirati totalmente ad esso – chiede senza mezzi termini il presidente Trimboli -, l’indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell’Iva al 5% e soprattutto tutela dagli sfratti. L’obiettivo dev’essere la salvezza del sistema imprenditoriale, sperando che questa ennesima chiusura sia l’ultima in attesa di non essere più tacciati come untori”.