Sono stati liberati i pescatori di Mazara del Vallo da 108 giorni in un carcere in Libia, sotto la sorveglianza dei militari del generale Haftar.
“Aspettiamo la conferma ufficiale ma oggi sembra proprio la giornata giusta, il rilascio è imminente”, aveva annunciato a Radio Capital, emozionato e con la voce rotta dal pianto, Marco Marrone, armatore della Medinea, uno dei due pescherecci bloccati a Bengasi.
La notizia è stata poi confermata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, volato a Bengasi col premier Giuseppe Conte per il passo conclusivo che ha portato alla liberazione degli equipaggi dei due pescherecci di Mazara del Vallo: 18 persone, tra cui 8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi.
Grande attesa e grosse aspettative a Mazara del Vallo: familiari, amici e colleghi si sono radunati davanti al Comune, dove hanno incontrato il sindaco Salvatore Quinci. “E’ un grande giorno per tutti noi”, ha detto.
“Sono stati 108 giorni da incubo che finalmente sono finiti. E’ un bellissimo regalo di Natale per me e per tutti i familiari dei 18 pescatori. Non vedo l’ora di riabbracciare mio figlio”, ha detto Nuccia Giordano, madre di Giacomo Giacalone.
“Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta! Mio figlio e tutti gli altri pescatori stanno tornando. Ringrazio tutti: Conte, Di Maio, il sindaco, il vescovo, i giornalisti. Non ho parole per riuscire a esprimere tutta la felicità di una mamma e di una nonna che finalmente, dopo 108 giorni, può riabbracciare suo figlio”, ha detto Rosetta Ingargiola, 74 anni, mamma di Pietro Marrone, comandante di uno dei pescherecci sequestrati.
“Ci siamo tolti un peso dal cuore – dice Ignazio Bonono, 28 anni, figlio di Giovanni il timoniere dell’Antartide – siamo felici di questa notizia e non vediamo l’ora di riabbracciare i nostri familiari”. Ha le lacrime agli occhi per la commozione Rosetta Ingargiola, mamma della nave Medinea, Pietro Marrone: “Siamo felici – afferma – oggi è un gran giorno, stavano perdendo le speranze, ma finalmente è arrivata la buona notizia e per questo ringraziamo il premier Conte e il ministro Di Maio. Non vediamo l’ora di potere riabbracciare i nostri familiari e festeggiare con loro”.
Rosetta guarda con occhi persi nel vuoto e ricorda il figlio anche lui pescatore morto 23 anni anni fa in un naufragio: “Dedico questa liberazione a lui”, aggiunge. Il suo racconto si conclude mentre in sala consiliare arriva il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Mogavero accolto da un caloroso applauso.
LA VICENDA. La disavventura dei 18 pescatori comincia 107 giorni fa, ovvero il primo settembre, quando furono imprigionati in una caserma di Bengasi, città nell’Est della Libia. Si tratta di otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi: Karoui Mohamed, Daffe Bavieux, Ibrahim Mohamed, Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M’hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur Lysse, Ben Thameur Hedi, Moh Samsudin, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Barraco Vito, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone,Giacomo Giacalone, Indra Gunawan.
A lanciare l’allarme furono altri pescherecci che erano nei paraggi e che erano riusciti a mettersi in fuga. I pescatori si trovavano a bordo di due pescherecci di Mazara del Vallo – ‘Antartide’ e ‘Medinea’ – che furono sequestrati dalle motovedette dell’Est libico facenti capo all’uomo forte di Bengasi, il generale Khalifa Haftar. L’accusa mossa era di avere violato le acque territoriali per aver pescato all’interno di quella che ritengono essere un’area di loro esclusiva pertinenza in base a una convenzione che prevede l’estensione della Zee (zona economica esclusiva) da 12 a 74 miglia.
A questa accusa si era aggiunta anche quella delle milizie di Haftar che contestavano anche il traffico di droga, senza nessuna prova. La vicenda dei pescatori, presto sfociata in caso diplomatico, era finita anche a Bruxelles. L’Unione europea aveva lanciato pochi giorni fa un appello nelle conclusioni adottate dal Consiglio Europeo affinché le autorità libiche rilasciassero “immediatamente i pescatori italiani trattenuti da settembre senza che sia stata avviata alcuna procedura legale” nei loro confronti.
Più volte i familiari dei pescatori avevano fatto appelli nella speranza di poter riabbracciare i propri cari a Natale. Nel corso delle trattative sarebbe stata avanzata da parte di Bengasi la richiesta di uno ‘scambio di prigionieri’, con l’estradizione di quattro libici condannati in Italia a cinque anni come scafisti di una traversata avvenuta nel 2015 in cui morirono 49 migranti.
Bengasi ne ha sempre proclamato l’innocenza sostenendo si trattasse di semplici ‘calciatori’. Oggi l’epilogo con la missione di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio a Bengasi e la liberazione dei pescatori.