MAZARA DEL VALLO (TRAPANI) – Alle 9.58, annunciati dalla sirena di una motovedetta, sono entrati nel porto nuovo di Mazara del Vallo i pescherecci Medinea e Antartide con a bordo i 18 pescatori sequestrati in Libia e rilasciati lo scorso giovedì dopo 108 giorni di prigionia.
Partite da Bengasi intorno all’una di notte di venerdì, le due imbarcazioni hanno navigato per poco meno di 60 ore.
Ad attenderli sulla banchina i pescatori hanno trovato i familiari e le autorità. I tamponi eseguiti sui pescatori sono risultati tutti negativi. Contestualmente ai test rapidi sono stati eseguiti anche quelli molecolari, anche questi risultati negativi.
Dopo essersi sottoposti agli esami, i pescatori hanno lasciato il porto per dirigersi a casa su auto private, accompagnati dai parenti.
“Siamo stati trattati malissimo, ma sono felice di essere qui”, ha detto Pietro Marrone, comandante del peschereccio Medinea, prima di tornare nella propria abitazione. Un altro dei componenti l’equipaggio, un tunisino, dal finestrino ha detto che “siamo stati per settimane a piedi nudi. Ci hanno trattato molto male”.
“Ci gridavano, ci spingevano contro i muri. Dicevano parole incomprensibili, in arabo. Quello che capivamo era ‘Italia-Libia’, ripetuto ossessivamente, come se la questione del sequestro dipendesse soltanto da accordi tra i due Paesi e noi ci sentivamo tagliati fuori”, ha detto Marrone, uscendo dalla caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo, dove è stato interrogato dagli uomini del Ros per circa tre ore.
“Ci umiliavano, ci mettevano paura – racconta – Ci sembrava che tutto fosse finito”. Il comandante parla poi del suo ritorno e della tenacia della madre, Rosetta Ingargiola, 74 anni: “Contavo su di lei, so quanto è battagliera. Ha perso il marito, un figlio. Le resto solo io. Oggi abbiamo festeggiato mangiando finalmente alla mazarese: niente cous-cous, ma pasta”. Marrone dice “grazie al governo italiano” e chiede “un impegno del Paese sulla questione delle acque territoriali libiche”.
“Ho sentito dai nostri carcerieri dell’ipotesi di scambio di prigionieri tra noi e dei libici in prigione in Italia – ha detto uno dei marinai sequestrati, Giri Indra Gunawan, indonesiano di 43 anni -. Ne hanno cominciato a parlare un mese dopo il sequestro e questo mi ha messo paura: sospettavo che i nostri carcerieri potessero essere dei terroristi”.
Il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, ha chiesto all’Unione Europea di risolvere questione dei confini marittimi della Libia. “Ci dicano se possiamo continuare a lavorare o se dobbiamo tirare i remi in barca. A Mazara la pesca garantisce 600 posti di lavoro e altre migliaia nell’indotto. L’Ue si faccia protagonista di una svolta che ridisegni le politiche economiche del Mediterraneo”.
“Torneremo a ridere e a scherzare. Li conosco, sono grandi uomini – ha detto Marco Marrone, armatore del Medinea -. Oggi è il nostro Natale, anticipato di qualche giorno. Mi auguro che questa storia sia da sprone per unire la marineria di Mazara, che nella sua storia ha subito almeno 50 sequestri; e serva al governo per risolvere la questione dei confini marittimi della Libia”.