ROMA – Una situazione preoccupante: gli esperti che seguono l’evoluzione dell’epidemia di Covid-19 in Italia non usano mezzi termini per descrivere l’andamento dei casi.
C’è chi vede nei dati i primi segnali di una ripresa della curva e chi punta l’indice su una situazione di stallo che si sta prolungando oltre ogni previsione. In ogni caso l’aumento dei casi positivi al virus SarsCoV2 in Italia e il numero ancora alto dei decessi sono i segnali di una situazione difficile e che impone di tenere alta la guardia.
“I dati rivelano una situazione preoccupante, alla luce della quale, dopo gli effetti positivi delle misure del periodo delle feste di fine anno, sarebbe necessario mettere in atto al più presto nuove misure restrittive analoghe per tipo e durata”, osserva il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac).
L’obiettivo, prosegue, è “portare la percentuale a valore più bassi e tornare così al controllo del tracciamento. Tramite risultati di simulazione si può dimostrare che ritardare le misure restrittive comporta un costo maggiore sia in termini di decessi che di durata delle misure e di conseguenza anche dal punto di vista economico”. Inoltre, prosegue, “da 30 giorni i decessi oscillano attorno ad un valore medio di 480 al giorno e, visto il forte rallentamento della vaccinazione, l’unico modo per ridurre la mortalità è ridurre l’incidenza dei positivi”.
Dall’analisi del matematico emerge che “per la maggioranza delle regioni-province autonome il trend negli ultimi 7-10 giorni è di aumento o di stasi. La percentuale dei positivi, osserva, è stata calcolata, dal 15 gennaio, solo sulle undici regioni-province autonome che trasmettono i dati sui positivi separatamente per i test molecolari e per quelli antigenici rapidi, mentre le altre non lo fanno”. Tra queste ci sono regioni molto popolose e molto colpite dall’epidemia, come Abruzzo, Liguria, Marche e Veneto. Questo perché, rileva Sebastiani, “calcolare la percentuale cumulando i dati dei due tipi di test è sbagliato in quanto le percentuali separate sono molto diverse e quindi quella cumulativa dipende dalla percentuale dei test molecolari sul totale dei test, che varia molto tra le regioni”.
Pone l’accento sulla stasi lo statistico Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi): “Siamo in una sorta di plateau molto lungo e, a sette settimane dal picco raggiunto in novembre, decessi e ricoveri sono scesi solo di un terzo”. Questo significa che “in dicembre c’è stato qualcosa che non ha funzionato bene”, osserva riferendosi allo shopping prenatalizio: probabilmente è la ripresa nella circolazione del virus favorita da quella situazione a determinare il blocco attuale.
Uno stallo che emerge soprattutto dai dati relativi ai decessi: “La media settimanale dei decessi – rileva lo statistico – è ferma a circa 480 al giorno, contro i 730 del periodo tra fine novembre e inizio dicembre. Se avessimo continuato a scendere con lo stesso ritmo adesso dovremmo essere intorno a 200”.
Potrebbe invece essere letta positivamente la situazione relativa ai ricoveri nei reparti Covid e nelle unità di terapia intensiva: “I dati ci dicono che potrebbe forse esserci un miglioramento nei prossimi giorni e nelle prossime settimane”. Quella attuale, conclude Villa, “resta una situazione tragica, ma non c’è stata la ripresa dell’epidemia che avremmo potuto paventare due settimane fa”. Le incognite adesso sono soprattutto “la ripresa delle scuole, i casi sommersi e sicuramente la protezione del vaccino”.