“Aspettiamo domani il dpcm nazionale, abbiamo già dichiarato dieci zone rosse in Sicilia, ma non escludiamo di poterne dichiarare altre, d’accordo con i sindaci e con i dipartimenti prevenzione. Ma crediamo che l’allarme arrivi essenzialmente dalle tre aree urbane Palermo, Catania e Messina. Ed è lì che dobbiamo concentrare in modo particolare la nostra attenzione, cosa che faremo”. Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha manifestato la sua preoccupazione per l’evoluzione della pandemia in Sicilia nel corso di un’intervista a Tgcom 24.
“Da lunedì – ha aggiunto – decideremo quale condotta assumere sul fronte scolastico in base al dato epidemiologico che per ora rimane sospeso in tutti gli ordini e gradi”.
“In Sicilia siamo passati, a fasi alterne, da una condizione obiettivamente rasserenante, in certi periodi dell’anno scorso, a momenti di obiettiva difficoltà. C’è stata una recrudescenza del fenomeno, come avevamo ampiamente anticipato, purtroppo, a causa della indisciplina collettiva nel periodo festivo, continueremo a pagarne le conseguenze nei prossimi 8-10 giorni”, ha rilevato il presidente della Regione ricordando i 1.913 nuovi contagi registrati ieri nell’Isola oltre ai 40 decessi che “sono sempre una sconfitta. Perdere una sola persona è una sconfitta per tutti. Tutto questo ci allarma”.
“Al governo abbiamo chiesto nei giorni scorsi di adottare la zona arancione, in altri tempi avremmo optato per la zona gialla, ma oggi serve rigore – ha rimarcato Musumeci – Il ministro Speranza ha condiviso la nostra preoccupazione, la zona arancione non basta e abbiamo adottato ulteriori misure restrittive per evitare che ci fossero particolari zone in cui si potesse ripresentare il fenomeno dell’assembramento, che però si è ripresentato. Crediamo di poter adottare nelle prossime ore delle misure ulteriormente penalizzanti per gli indisciplinati, purtroppo le conseguenze poi le pagano anche le persone che hanno rispettato le norme”.
“Abbiamo chiesto misure restrittive e interventi dello Stato a favore degli operatori economici, sia quattro mesi fa che adesso. Abbiamo sottoscritto una lettera alcuni presidenti di regione per chiedere al presidente Conte di adottare le stesse misure delle regioni rosse. Possiamo chiedere agli imprenditori di chiudere, e sono consapevoli delle necessità di dover prima di tutto salvaguardare la salute – ha continuato – sono disposti a tirare la cinghia per 2 o 3 mesi, ma alla fine anche gli imprenditori devono poter portare un pezzo di pane a tavola. I lavoratori devono avere la stessa, indispensabile risorsa”.
“Se lo Stato impone, come è giusto che faccia, che le imprese chiudono, per evitare mobilità esterna – ha sottolineato – è altrettanto doveroso che si consenta agli imprenditori di vivere con il minimo essenziale fin quando non usciremo dal tunnel. Cosa è cambiato rispetto a prima? C’è meno paura da un lato e dall’altro cresce il bisogno. E’ l’eterno dilemma tra la salute e il lavoro. Abbiamo bisogno di maggiore rigore, ma abbiamo bisogno per le nostre imprese di poter disporre dell’essenziale altrimenti il ricorso all’usuraio per aver 2-3 mila 5 mila euro, per tirare a campare qualche mese diventa assolutamente ricorrente e pericoloso”.
Allarmato anche il presidente di Anci Sicilia, Leoluca Orlando, nel corso del Consiglio regionale dell’associazione, convocato in seduta permanente e riaggiornatosi a domani alle 19.30 per valutare, in tempo reale, gli attesi provvedimenti del governo nazionale.
“La Sicilia è fra le regioni più colpite dalla pandemia da Covid-19 – ha osservato il sindaco di Palermo -. Sono necessari interventi straordinari. La pandemia ha prodotto una centralità del diritto alla salute esaltando il ruolo dei sindaci nella gestione dell’emergenza, ma ha aumentato in maniera esponenziale le responsabilità degli amministratori locali, spesso impossibilitati ad agire per mancanza di risorse e di personale. Dobbiamo farci tutti carico di affrontare il gravissimo pericolo”.