Mauro Bellugi, 71 anni, ex calciatore di Inter, Bologna e Napoli negli anni 70 e azzurro con la Nazionale, è morto stamattina in un ospedale di Milano.
Dopo essere stato contagiato dal coronavirus, era stato colpito da una trombosi. Gli erano state amputate entrambe le gambe scorso dicembre, ma aveva continuato ad avere seri problemi.
“Mauro era l’eroe di un calcio romantico che non c’è più”, ha detto Beppe Marotta, ad dell’Inter, annunciando che domani nel derby la squadra nerazzurra lo ricorderà con il lutto al braccio.
“Ringrazio la Lega – dice Marotta – che ci ha consentito di ricordarlo nell’unico modo possibile, nella partita che è stata tante volte cruciale nella sua carriera e che da lassù gli spiacerà non poter seguire da vicino. Giocheremo col lutto al braccio e sarà osservato un minuto di silenzio prima della gara”.
Marotta ricorda Bellugi come simbolo di “un calcio romantico, oramai passato: era fatto di grande passione e senso di appartenenza da una parte, di mecenatismo e di proprietà familiari dall’altra. C’è il famoso episodio della villa regalatagli da Moratti come grande per riconoscimento al suo attaccamento. I calciatori erano molto legati alla maglia e alle famiglie proprietarie, il senso di appartenenza nasceva dal legame con compagni, c’erano meno trasferimenti”.
Marotta svela poi un particolare su Bellugi, che il 22 dicembre scorso aveva con coraggio raccontato di esser stato costretto all’amputazione della gambe, per una grave malattia. “Ho avuto modo di sentirlo la settimana scorsa – racconta – pur avendo perso gli arti inferiori aveva un entusiasmo eccezionale e una grande voglia di essere ancora protagonista. Tant’è che gli avevamo dato l’incarico di osservatore, “guarda per noi più partite possibili”, gli avevo raccomandato. Lui però mi aveva confessato la sua tristezza dietro quell’infinito coraggio. ‘Sai – aveva detto – per un calciatore perdere le gambe e’ come per un pianista perdere le mani”.