ROMA – Il Conte ter naufraga in mezzo a un mare di veti e il presidente della Repubblica convoca al Quirinale la principale riserva della repubblica, Mario Draghi. All’ex numero uno della Bce sarà affidato il compito di dare vita a un nuovo esecutivo e di “alto profilo” che nella pienezza dei propri poteri possa combattere il virus, fronteggiare la crisi sociale e gestire gli oltre 200 miliardi di euro del Recovery plan. Parla a sera il Capo dello Stato dopo aver ricevuto Fico l’esploratore, che ha dovuto mettere agli atti il fallimento del proprio mandato. Ed ora si guarda avanti.
L’alternativa sarebbero state le elezioni ma Mattarella dice ma il Paese non può’ permetterselo. E lancia un appello alle forze politiche “perché conferiscano la fiducia ad un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. E’ un lungo discorso quello che tiene il capo dello Stato per spiegare le ragioni della sua scelta. Il ragionamento ruota intorno alla necessità che a Palazzo Chigi sieda una squadra con la capacità di assumere decisioni incisive, che possa prendersi le responsabilità di gestire la fine del blocco dei licenziamenti così come la campagna vaccinale o il rapporto con l’Europa al tavolo del Recovery. La macchina deve poi girare a pieno regime una volta che i fondi dovranno essere spesi.
“Tempestività” è una delle parole chiave e usate più volte nel corso della dichiarazione dal Capo dello Stato. Le urne per contro non garantirebbero tutto ciò e esporrebbero la popolazione al rischio di vedere aumentare a dismisura i contagi. Tra le prime reazioni quella di Matteo Salvini che in tweet non sembra accogliere a braccia aperte l’invito rivolto dal Colle. Il leader della Lega cita l’articolo 1 della Costituzione ricordando come la “sovranità appartenga al popolo”. Quattro giorni non sono bastati a Fico l’esploratore per rimettere insieme la maggioranza del governo giallorosso.
“Permangono distanze alla luce della quali non ho registrato unanime disponibilità per dare vita alla maggioranza”, è costretto a riconoscere. Si consuma definitivamente in un vertice fra big la rottura, ed è sui “nomi”, esplicita Renzi. Non che sui temi si sia trovata l’intesa, tutt’altro. Le responsabilità vengono rimpallate: Italia Viva le addossa al Pd e 5S e dice che ora non resta che affidarsi “alla saggezza del Capo dello Stato”.
I Dem al contrario caricano sulle spalle di Renzi il peso della crisi: “inspiegabile”, il suo atteggiamento. Voleva solo le “poltrone”, accusa il M5s. Il presidente della Camera non è riuscito nell’impresa e il destino di Conte – che ha osservato, sottolinea P. Chigi, un doveroso riserbo in questa fase – è segnato, dopo due governi con due diverse maggioranze dovrà lasciare Palazzo Chigi. Fico prima di andare a colloquio con il Capo dello Stato sente tutti i leader, poi sale al Quirinale.
Per 48 ore il tavolo tecnico del programma è andato avanti a Montecitorio segnato dai distinguo fra le le forze politiche con un gioco tutto al rialzo da parte di Italia Viva. Dopo aver litigato sulla revisione del reddito di cittadinanza e la richiesta di usare il Mes avanzata da Iv, l’ultimo scontro è sulla giustizia. Ma è la partita parallela sulla squadra del futuro governo quella sulla cui si è giocato il destino del Conte ter.
La rottura viene consumata durante un vertice virtuale tra Renzi e gli alleati: Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza cercano l’intesa con il leader di Iv. La richiesta del senatore di Rignano è di sostituire Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina, entrambi 5s: ma il Movimento è irremovibile, il responsabile della Giustizia e della Scuola non si toccano. Nel mirino anche Arcuri e Parisi, e ad aumentare la tensione c’è il niet degli alleati a lasciare la guida del delicato dicastero del Lavoro a Teresa Bellanova.
E ancora prima si era registrato il no sempre 5S all’ingresso di Maria Elena Boschi al governo. Sono diverse le geometrie che si tentano di costruire ma di veto in veto i vecchi alleati non trovano modo di disegnare il volto del Conte ter.
Circondato dai sospetti Renzi giura, anche nel corso di una riunione lampo con i suoi, di lavorare “all’intesa fino all’ultimo” e scarica sugli ex alleati le responsabilità della rottura delle trattative: “Non stanno concedendo nulla” e men che meno “vogliono mettere nulla per iscritto”, dice. E in effetti non ci sarà a sera neanche un “verbale” che renda conto delle posizioni di vari partiti. Ma attribuire la frattura a questo sarebbe una “barzelletta”, scrive in chat ai suoi l’ex sindaco di Firenze.