Anfore romane nel golfo di Mondello

Il mare restituisce la storia: confermato lo studio avviato da Sebastiano Tusa

PALERMO – Tre anfore romane, databili tra il II sec a. C. e il II sec d.C. del tipo Dressel 2/4 con bordo arrotondato e anse bifide, sono state rinvenute nello specchio d’acqua antistante Mondello grazie all’attività di monitoraggio e vigilanza della Soprintendenza del Mare della Regione siciliana.
Le anfore, che si trovavano a circa 100 metri di distanza dall’antico stabilimento balneare della borgata marinara, a una profondità di dodici metri, sono state individuate da Stefano Vinciguerra, coordinatore del gruppo subacqueo della SopMare.
“È una stagione fortunata per l’archeologia subacquea. Nell’arco di pochi mesi – sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – nelle acque della Sicilia sono stati individuati, e in molti casi recuperati, importanti reperti relativi a diversi periodi storici: dall’antichità alla prima metà del ‘900. Appena dieci giorni fa, nelle acque antistanti di Ognina a Siracusa, veniva individuato un aereo risalente alla Seconda guerra mondiale”.
“Il ritrovamento delle tre anfore nel golfo di Mondello – afferma la Soprintendente del Mare, Valeria Li Vigni – a conferma dello studio avviato da Sebastiano Tusa, testimonia che in questo specchio di mare sono conservate innumerevoli microstorie che attendono solo di essere portate alla luce. La diacronia dei materiali provenienti dalle precedenti indagini in questo sito, conferma i continui naufragi in epoche diverse. Il rinvenimento è frutto della passione di validi collaboratori della SopMare, che hanno salvato da probabili depredazioni una testimonianza fondamentale della presenza di un relitto romano nel golfo di Mondello. E’ nostro intendimento – precisa Valeria Li Vigni – proseguire la ricognizione del sito e mettere in sicurezza eventuali ulteriori ritrovamenti. La nostra attività, volta alla conoscenza, tutela e valorizzazione, ci aiuta a scoprire nuovi tasselli del grande mosaico della nostra storia”.
Il sito, scandagliato tra gli Anni ’50 e ’80 del secolo scorso, ha dato modo ai primi subacquei che si cimentavano in queste immersioni, di recuperare anfore ed ancore in piombo, rivelando l’esistenza di un bacino ricco di testimonianze stratificate che vanno almeno fino al medioevo.
È soltanto nel 1999, con l’istituzione dapprima del Giass – Gruppo d’Indagine Archeologica Subacquea Sicilia e, successivamente, della Soprintendenza del Mare, che le indagini non si sono limitate più al mero recupero dei reperti ma hanno cominciato cominciano a ricostruire i contesti consentendo di acquisire elementi utili di giudizio sul piano cronologico, storico e archeologico.
 

scroll to top