CALTANISSETTA – Vasta operazione antimafia della polizia a Caltanissetta. La squadra mobile ha eseguito perquisizioni e arresti di indagati a vario titolo per associazione di tipo mafioso dedita a estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti.
Le indagini dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Caltanissetta, denominata “Bella vita”, hanno permesso di accertare che la cassa di un clan mafioso legato a Cosa nostra era foraggiata dallo spaccio di droga e dalla tradizionale attività estorsiva cui sono stati sottoposti diversi commercianti del capoluogo e della provincia.
Sono sette le persone arrestate: Carmelo Bontempo, di 43 anni, Fabio Meli, di 43, Giovanni Puzzanghera, di 44, Francesco Zappia, di 47, Ivan Villa, di 48 anni, Daighoro Iacona, di 31, e Gino Gueli, di 32.
Uno degli arrestati, Bontempo, è il reggente di Cosa nostra a Caltanissetta. Aveva assunto un ruolo di primo piano nel panorama mafioso cittadino a causa del vuoto di potere determinato dall’assenza di uomini d’onore per via delle numerose carcerazioni degli ultimi anni e del pentimento di alcuni storici elementi.
Facendo sfoggio del suo strapotere, si è speso costantemente per il reperimento di denaro necessario per il sostegno della carcerazione dei detenuti mafiosi.
Il gruppo operava secondo schemi mafiosi tradizionali, riducendo i contatti, organizzando incontri in aperta campagna, scambiando tra “pizzini” di provenzaniana memoria, nella convinzione di poter così eludere le attenzioni della polizia.
La quale ha poi constatato lo stupore del capomafia che si è ritrovato indagato nonostante le accortezze impiegate, quali spostarsi per chilometri per parlare di persona con i suoi accoliti o riportare tutto su pizzini che poi ingoiava.
Il ruolo di capo dell’organizzazione mafiosa è stato desunto da innumerevoli episodi: per esempio la richiesta d’intervento da parte di alcuni pregiudicati nisseni che lo avevano chiamato a svolgere il ruolo di paciere; la risoluzione di controversie sorte tra due imprenditori nell’ambito delle trattative di vendita di un autolavaggio; la manifesta volontà di inserirsi nei lucrosi settori della compravendita immobiliare, dei lavori di edilizia, dopo essersi già inserito in quello della vendita di auto.
“Una delle cose che ci ha colpito nel corso dell’operazione è che i commercianti quando venivano avvicinati per pagare il pizzo divenivano accondiscendenti nel momento in cui veniva detto loro che i soldi servivano per mantenere i detenuti in carcere”, ha detto l’ex capo della squadra mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, che ha condotto le indagini.
“Ci sono sei o sette ipotesi di estorsione – ha detto il pm della Dda di Caltanissetta Pasquale Pacifico – ma pensiamo che il fenomeno sia un po’ più ampio di quello che è emerso. Spaziavano dall’imprenditore edile alla ristorazione. Gli importi richiesti agli imprenditori non erano eccessivi ma costanti, parliamo di centinaia di euro al mese. C’è stato anche un tentativo di entrare in una di queste attività alle loro condizioni. Stiamo vagliando le posizioni di alcuni di questi imprenditori”.