ROMA – Nessuna illegittimità nei provvedimenti che nel giugno 2019 portarono allo scioglimento del Comune di San Cipirello, in provincia di Palermo, per presunte infiltrazioni mafiose. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso dell’ex sindaco Vincenzo Geluso insieme con alcuni consiglieri a assessori comunali.
Dopo aver illustrato in sentenza i principi generali giurisprudenziali applicabili in materia di scioglimento di pubbliche amministrazioni, il Tar si è soffermato sulle censure volte a dimostrare la lacunosità dell’istruttoria, l’illogicità delle determinazioni assunte e l’insussistenza dei presupposti per deliberare lo scioglimento.
“I fatti che hanno condotto allo scioglimento del consiglio comunale – si legge nel provvedimento – sono stati riportati correttamente negli atti prefettizi e costituivano un quadro indiziario più che sufficiente a condurre all’adozione della misura dissolutoria”; diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, infatti, gli episodi indicati negli atti “non sono privi di significato né giustificabili” e “danno conto, specie se letti unitariamente, della esistenza di un quadro indiziario più che significativo della vicinanza delle consorterie criminali agli organi di vertice del Comune”.
Rispetto agli elementi indiziari raccolti, secondo il Tar “parte ricorrente non è stata in grado di dimostrare la presenza di travisamenti di fatto ma si limita ad affermare che gli episodi non sarebbero significativi ai fini della sussistenza dei presupposti per adottare la misura dissolutoria, mentre essi appaiono, specie in una lettura d’insieme, certamente indicativi della capacità di condizionamento delle strutture politiche e amministrative dell’ente da parte della criminalità organizzata”.