L.Cil.) L’idiosincrasia di un pomeriggio da 35 gradi all’ombra sta proprio nello scatto che vi mostriamo: tutti in prima fila, ma tutti distanti. Al centro il sindaco di Catania e coordinatore regionale di Fratelli d’Italia. Tutt’intorno i militanti, da quelli cresciuti a pane e Fronte della Gioventù a quelli del volantinaggio 4.0 su Facebook e Instagram.
All’orizzonte la scadenza non tanto lontana della scelta del candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Siciliana. Musumeci punta al bis. De Luca scalpita. La Lega e Salvini chiedono lo “ius electionis” anche dopo il caso Calabria. I moderati ragionano sulle alternative.
Tutti a osservare e ad ascoltare la leader dei “patrioti” che, prima o poi, dovrà dire qualcosa in più della solita frase di circostanza, come quella pronunciata ieri davanti ai cronisti a Catania, in una tappa della presentazione del suo libro “Io sono Giorgia”: “Fratelli d’Italia ha contribuito all’operato di Nello Musumeci. Siamo contenti del lavoro che è stato fatto, siamo leali con il presidente della Regione Siciliana e lavoriamo per concludere al meglio questa legislatura. Poi quello che accadrà è presto per dirlo”. A chi le chiede se sosterrà la ricandidatura dell’attuale presidente della Regione, Meloni risponde chiaramente: “Sicuramente noi siamo stati leali con Musumeci e penso che buona parte delle cose buone sono state fatte sono anche merito della nostra squadra, dei nostri uomini e delle nostre donne”.
Musumeci a un estremo, Stancanelli dall’altro lato (“si sono salutati?” ha chiesto qualcuno tra il pubblico). Insieme furono fondatori di Diventerà Bellissima, il movimento regionale che portò all’elezione dell’attuale presidente della Regione e che, alle successive scadenze elettorali (Politiche 2018 ed Europee 2019), avrebbe dovuto scegliere la sponda di un partito nazionale.
Stancanelli e il suo suggerimento di guardare con attenzione a Fratelli d’Italia fu bollato dal cerchio magico di Musumeci come una scelta a perdere, fu proprio il governatore ad apostrofare il partito della Meloni “fermo fisiologicamente tra il 2,5% e il 4%”, tutti convinti che il futuro fosse tra le fila della Lega che, dal canto suo, non avrebbe visto l’ora di affrancarsi a Diventerà Bellissima.
“E’ vero – chiarisce Meloni guardando verso Musumeci, a testimonianza che il tempo non cancella e che certe parole restano scolpite come pietre – Per otto anni siamo rimasti inchiodati al 3-4%. Ma alle Europee del 2019 è cambiata la storia perché abbiamo superato il 6,5%” ribadendo che oggi “FdI raccoglie quanto seminato negli ultimi dieci anni”.
Quello che è successo dopo è storia nota: La Lega si è strutturata con i suoi uomini, con la sua segreteria e con gli autonomisti di Lombardo. Fratelli d’Italia naviga oggi al 20% dei consensi nazionali e in Sicilia si è rafforzata sul territorio. La Meloni in testa al gradimento popolare.
E non è un caso che lei, durante il suo intervento sul palco di Catania, ha scandito solo due nomi: quello di Salvo Pogliese (sindaco di Catania e leader del partito in Sicilia) e quello di Raffaele Stancanelli (eurodeputato di FdI contro ogni pronostico della vigilia) riconoscendo a entrambi la lungimiranza politica e la coerenza delle idee. “Per il mio modo di fare politica la coerenza è un prerequisito, se avessi voluto avrei fatto scelte più comode. La storia della destra italiana non è fatta di slogan, ma di argomentazioni e di parole che hanno significati profondi, proprio come la parola patriota, che oggi è anche sulla bocca dei leader di sinistra” spiega nell’intervista a Pietrangelo Buttafuoco e Mario Barresi. “Come diceva Almirante? Quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico, devi gioire, perché questo è il segno della vittoria”.
Luca Ciliberti