PALERMO – Più di un giovane siciliano su cinque lascia la scuola senza avere conseguito un diploma oppure una qualifica professionale. Per la precisione a lasciare i banchi è il 22,4 per cento dei ragazzi in età scolare. Il dato (dieci punti sopra la media nazionale) si riferisce al 2019, quindi a un periodo precedente la crisi pandemica. La realtà siciliana degli abbandoni viene descritta nelle “mappe della povertà educativa in Sicilia” presentate nella sede della Fondazione Sicilia.
I dati tengono conto di quattro parametri: l’offerta di asili nido, le famiglie raggiunte da banda larga ultraveloce, gli edifici scolastici vetusti e quelli raggiungibili con i mezzi pubblici. Del report, realizzato da Openpolis e dall’associazione “Con i bambini”, si è parlato in un incontro moderato da Giovanni Pepi. Sono intervenuti Raffaele Bonsignore, presidente della Fondazione Sicilia, Gaetano Armao vicepresidente e assessore all’economia della Regione siciliana, vari rappresentanti di associazioni e istituzioni.
“La povertà educativa è certamente – ha affermato Bonsignore – il principale ostacolo alla crescita dei giovani. Come unica fondazione in Sicilia referente del Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile siamo partecipi di una realtà in cui la carenza di risorse economiche penalizza la formazione. Per questo la Fondazione Sicilia si è adoperata in sostegno degli studenti per i quali la didattica a distanza è stata un ostacolo insormontabile, per carenza di tablet o di adeguati collegamenti”.
Sono tanti i progetti che si stanno ora promuovendo contro la povertà educativa. Tra quelli già avviati, oltre a un Fondo nazionale, ce n’è uno (“Dappertutto: territori e comunità per inventare il futuro”), che riguarda i bambini di Palermo. Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è stato presentato come un esempio positivo di partenariato pubblico-privato da Giorgio Righetti, direttore generale dell’Acri l’associazione delle Casse di Risparmio. Righetti ha richiamato gli investimenti delle fondazioni (600 milioni in sei anni) secondo una strategia che ha coinvolto scuole, enti locali, organizzazioni del terzo settore, famiglie. Metà dei fondi è andata a 384 progetti in Italia che hanno raggiunto quasi 500 mila ragazzi.