AGRIGENTO – C’era chi lavorava “in nero”, la maggior parte. Ma anche chi era stato condannato o arrestato, qualcuno addirittura per mafia. Sono 77 i denunciati dai carabinieri di Agrigento come indebiti percettori del reddito di cittadinanza. Tra loro 22 stranieri che hanno problemi con la giustizia.
Il primato dei denunciati spetta a Porto Empedocle, seguito da Favara e Licata. L’attività di controllo, avviata lo scorso maggio, è stata effettuata dai militari del comando provinciale di Agrigento con il supporto del nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro.
Le posizioni reddituali e la documentazione fiscale esaminata è stata quella di oltre 4.500 soggetti, su complessivi 50 mila che hanno il reddito di cittadinanza nell’Agrigentino, che hanno fatto richiesta del sussidio economico.
Sono state riscontrate molteplici irregolarità nelle autocertificazioni: c’è chi ha omesso di dichiarare d’essere finito nei guai con la giustizia o d’essere stato addirittura condannato, chi ha dimenticato di segnalare che aveva incassato una vincita al Lotto o al Gratta&Vinci e chi non ha riferito che aveva iniziato a lavorare, perché tanto lo stava facendo “in nero”.
Gli stranieri, 22 appunto, hanno invece prodotto certificazioni false sulla loro residenza nell’Agrigentino o sul fatto che fossero in Italia da 10 anni. Le somme indebitamente percepite ammontano a circa 750 mila euro ed è stato attivato l’ufficio dell’Inps per il recupero coattivo della somma e per la revoca del sostegno economico.
“In questa provincia si sta soffrendo molto per l’assunzione di camerieri per le attività di ristorazione. Non ce ne sono – ha detto in conferenza stampa il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo -. E’ impossibile trovare in giro un ragazzo che sia disposto a trovare regolarmente, la gran parte dei ragazzi percepisce infatti il reddito di cittadinanza”.
“Nella maggior parte dei 77 denunciati – ha spiegato il comandante della compagnia di Agrigento, il capitano Marco La Rovere – è stato rilevato dolo fattivo, ossia voler mantenere, nel tempo, la doppia remunerazione: quella del reddito di cittadinanza e quella del lavoro in nero”.