Il calcio sarà anche tornato a casa, come cantano da mesi a questa parte gli inglesi per la finale dell’europeo a Wembley: ma la vittoria no, quella se l’è ripresa in mano stasera un Paese che nel pallone esprime una capacità di fare gruppo, squadra, popolo che sarebbe auspicabile in tanti altri settori della vita, ma già averla nello sport apre il cuore alla speranza.
Quel Paese è l’Italia che aggiunge il successo di stasera, un 4-3 arrivato dopo una gara a inseguimento e dopo i calci di rigore nei quali Donnarumma si è superato, a un albo d’oro formidabile, da superpotenza del calcio: quattro mondiali vinti, due titoli continentali (il primo 53 anni fa), un titolo olimpico.
L’Italia rappresentata nella tribuna autorità di Wembley dal tifo compiaciuto del presidente Mattarella, trova in questa nazionale di Mancini uno straordinario elemento di coesione. E’ una chiara metafora di ripartenza, la squadra formata dal commissario tecnico, come spesso accade a un gruppo di calciatori che vincono in maglia azzurra attraverso la semplicità dei gesti e la bellezza del gioco.
Enorme merito di questo gruppo vincente (ultima sconfitta il 10 settembre 2018, 1-0 col Portogallo, da allora 34 partite, con una serie in corso di 15 vinte di seguito) è violare la sacralità di Wembley, chiaramente imbandito per la festa inglese, dopo aver subito il gol più veloce di una finale, quello di Shaw dopo 2′.
Gli azzurri di Mancini subiscono il contraccolpo ma elaborano la botta con il gioco, che cresce piano piano, quasi fosse mandato a memoria: e anche nella serata meno brillante e più difficile alla fine fluisce e li porta dopo il pareggio di Bonucci a superare con merito, quasi ineluttabilmente, gli avversari fino a chiudere i tempi supplementari con un attacco quasi garibaldino. E a dominare in quel gioco emotivo, un tempo tallone d’Achille italiano, dei rigori.
Inossidabile nelle sue convinzioni, in avvio Mancini aveva riproposto il modulo 4-3-3 caratteristico della sua nazionale, con Immobile confermato ancora una volta, nonostante le critiche, al centro del tridente offensivo completato da Chiesa e Insigne. A centrocampo Jorginho a dettare i tempi, Verratti a ricamare giocate e Barella a fare legna e – potendo – a provare l’incursione.
Difesa imperniata sulla coppia Chiellini-Bonucci al centro, con Di Lorenzo ed Emerson Palmieri sulle fasce laterali. Insomma, una squadra col marchio di fabbrica del ct azzurro, senza sussulti. Era invece Southgate a sorprendere tutti: dentro Trippier al posto di Saka, e conseguente cambio di modulo. Difesa non più a 4 ma a 3, ricerca di maggiore copertura attraverso un centrocampo con un incontrista in più ed evidente scommessa sulla qualità tecnica dell’esterno dell’Atletico Madrid, oltre che sulla capacità di Kane di fare il centravanti ircocervo, un po’ goleador e un po’ suggeritore.
E la puntata del commissario tecnico inglese dava subito il suo ritorno: passavano 2 minuti e i bianchi erano già in vantaggio, perchè l’uragano Kane partiva da lontano disorientando i difensori azzurri, lanciava sulla destra Trippier bravo a crossare dalla parte opposta dove Shaw non trovava avversari e di sinistro al volo realizzava. Il contraccolpo psicologico per gli azzurri era durissimo, si facevano vedere dalle parti di Pickford al 6′ con una punizione di Insigne (palla alta), ma sostanzialmente venivano martellati da quel Trippier evidentemente molto difficile da neutralizzare, forse anche per l’effetto sorpresa. Il laterale dell’Atletico si rivelava spesso imprendibile per Emerson e continuava a mandare palloni pericolosi in area azzurra.
Ma la cosa più preoccupante, per Mancini era che il giro palla azzurro non decollava, perchè il pressing inglese su Jorginho-Verratti-Barella era quasi sempre vincente. E così ne sortiva nel primo tempo uno sterile possesso palla azzurro, 62 per cento contro 38 degli avversari. Ma la percezione di pericolosità avversaria era superiore e gli azzurri regalavano all’Italia un solo guizzo: quello di Chiesa che al 35′ vinceva un contrasto e tirava di sinistro da lontano con palla fuori di pochissimo.
Nella ripresa Mancini ripresentava gli stessi 11, ma l’Italia ci provava e dava segni di vitalità anche Insigne, a lungo oscurato nel primo tempo: il napoletano al 5′ si procurava una punizione e la calciava bene ma senza effetti concreti. E allora il ct azzurro provava la rivoluzione copernicana: al 9′ fuori Barella e Immobile, dentro Cristante e Berardi. In sostanza Insigne andava a fare il centravanti arretrato per non dare punti di riferimento ai centrali difensivi avversari.
E paradossalmente diventava subito pericolosissimo, incuneandosi in area e calciando da due passi verso il primo palo: bravissimo Pickford a neutralizzare. E al 16′ in un altro bagliore azzurro firmato Chiesa (destro da dentro l’area) replicava. L’Inghilterra si limitava a gestire il vantaggio e si condannava alla sofferenza perchè al 22′ su angolo dalla destra calciato da Berardi, Verratti di testa costringeva alla deviazione sul palo Pickford: il gioco della carambola premiava Bonucci che da un passo metteva in rete.
Al 27′, poi, a ribadire l’inversione di tendenza, un lancio da quarterback di Bonucci liberava in area Berardi, la cui girata finiva alta. Un infortunio alla caviglia di Chiesa costringeva Mancini alla sostituzione con Bernardeschi, e poi in avvio dei tempi supplementari toccava a Insigne e Verratti lasciare il posto a Belotti e Locatelli. Arrivava subito un brivido per Donnarumma per un destro di Phillips, e Southgate provava a dare il colpo del ko inserendo il talentuoso Graelish al posto di Mount.
Ma dopo 113′ di gioco era Bernardeschi ad arrivare tardi di un soffio su un cross interessante di Emerson, ed allora soffrivano tutti, anche gli scalmanati tifosi inglesi. E in avvio del secondo tempo supplementare era ancora lo juventino con una punizione parata in due tempi a ricordare che l’Italia era viva e pungeva. Capace di tracimare ai rigori, dove sbagliavano tre inglesi, Belotti e Jorginho: non Berardi, Bonucci e Bernardeschi, implacabili.
Italia-Inghilterra 4-3 d. r.
Italia (4-3-3): Donnarumma 9, Di Lorenzo 6.5, Bonucci 8, Chiellini 7.5, Emerson 6.5 (12′ sts Florenzi sv), Barella 6 (9′ st Cristante 6.5), Jorginho 6.5, Verratti 6.5 (6′ pts Locatelli 6.5), Chiesa 7.5 (40′ st Bernardeschi 6.5), Immobile 5 (9′ st Berardi 6), Insigne 6.5 (1′ pts Belotti 6). (1 Sirigu, 26 Meret, 12 Pessina, 15 Acerbi, 23 Bastoni, 25 Toloi). All.: Mancini 9
Inghilterra (3-4-2-1): Pickford 7.5, Walker 6 (14′ sts Sancho sv), Stones 6, Maguire 6.5, Trippier 6.5 (25′ st Saka 6), Philips 6, Rice 6.5 (29′ st Henderson 5.5, 15′ sts Rashford sv), Shaw 7, Mount 6 (9′ pts Grealish 6), Kane 7, Sterling 5.5. (13 Ramsdale, 23 Johnstone, 15 Mings, 16 Coady, 18 Calvert-Lewin, 24 James, 26 Bellingham). All.: Southgate 6
Arbitro: Kuipers (Ola) 7
Reti: nel pt 2′ Shaw; nel st 22′ Bonucci. Angoli: 5-3 per l’Inghilterra. Recupero: 4′ e 6′; 1′ e 3′. Ammoniti: Barella, Bonucci, Insigne, Chiellini, Maguire, Jorginho per gioco falloso. Spettatori: 65mila. Sequenza rigori: Berardi (gol), Kane (gol), Belotti (parato), Maguire (gol), Bonucci (gol), Rashford (palo), Bernardeschi (gol), Sancho (parato), Jorginho (parata), Saka (parato).